giovedì 4 aprile 2013

Web Stories ∞ Rughe

La web story di oggi vede di nuovo Ciottolina come autrice, che si cimenta con il tema #rughe.


Rughe

Davanti a me un tramonto che con le sue nuvole rosate mi ricorda un'estate di tanti anni fa.
Mi siedo lentamente sulla mia poltroncina con un panno sopra le mie gambe ormai deboli e stanche.
La mia mente vola lontano, quella mente che fa cilecca sulle medicine che devo prendere, sul giornale che non si trova dove ricordavo di averlo posato, sulla porta che dimentico sempre di chiudere, o delle chiavi che continuo a perdere.
Quella mente che ha bisogno di mille bigliettini per avere il controllo della situazione, come se potessero aiutarmi davvero a ritornare giovane e presente...
La mia nipotina Stella corre verso di me e alza le manine per farsi prendere in braccio.
Io l'accontento e per farla stare buona le racconto una storia.
“C'era una volta, tanto tempo fa, un ragazzo che per andare a scuola doveva andare a prendere il treno a piedi... ogni giorno, alla stessa ora faceva sempre lo stesso tragitto, avanti e indietro...
La stazione era lontana da casa, ma non gli pesava, perchè andare a scuola era la cosa che più gli piaceva.
Un giorno però arrivò in stazione e vide una ragazza seduta su una panchina, che non conosceva.
Lei teneva gli occhi bassi, aveva i capelli legati in due trecce, e una gonna a righe.
Sembrava spaesata, impaurita e molto triste.
Forse si accorse del suo sguardo, perché un attimo dopo lei alzò gli occhi che scoprì di un verde intenso e lo lasciò senza fiato.
Un vero colpo di fulmine.
Lui le sorrise, ma lei non ricambiò.
Il giorno dopo si ripetè la stessa scena, ma questa volta la ragazza lo aspettava, e gli regalò un sfavillante sorriso.
Aveva gli occhi che ridevano, brillanti, acuti, da persona intelligente.
Invece la bocca era ingenuamente seducente, i denti bianchi e allineati.
Ma non si disserò niente.
Passarono così i giorni, i mesi.
Le parole tra di loro non servivano, le loro anime comunicavano con gli occhi.
Poi, un bel giorno, la ragazza non si fece vedere.
Il ragazzo invece di prendere il treno, si accasciò sulla panchina e si mise a piangere.
Era così disperato da non accorgersi subito di una manina che si posò sulla spalla...
Era Lei.
Sembrava un angelo.
I raggi di sole filtravano attraverso i suoi capelli che quel giorno portava sciolti, e il ragazzo si alzò per accarezzarli.
Stettero parecchio lì, uno davanti all'altra, accarezzandosi, cercando di capirsi senza parlare... si annusarono come per riconoscersi...lei sapeva di cioccolato, di dolce,lui invece di agrumi.
Non c'era spiegazione razionale a tutto ciò, si erano semplicemente trovati.
La loro storia d'amore iniziò così.
Capirono subito che tra di loro c'era qualcosa di speciale, che difficilmente si sarebbe spezzato. Mentre gli amici si prendevano e si lasciavano con le ragazze usandole come fazzoletti, loro continuavano ogni giorno ad amarsi, a conoscersi, senza fretta, lasciando che il mistero del loro amore si scoprisse poco a poco.
Gli anni passarono e li videro prima fidanzati, poi sposati e infine padre e madre di tre bellissimi gemelli.
Sai Stella, il tre è il numero perfetto.”
“Ma nonno, il papà ha due gemelli! Anche loro sono tre! Come questi della favola!”
“Eh si, a volte le favole assomigliano alla realtà.”
“Racconta nonno, poi? Com'è andata a finire?”
Le lacrime scivolano sul mio viso rugoso. Sono troppo debole ormai, non riesco più a trattenere le emozioni.
“Perchè piangi?”
“Perchè purtroppo è una favola triste. Ma non per questo non è degna di essere raccontata.”
Mi asciugo con il dorso della mano e vado avanti.
“I tre gemelli crescevano sani e felici, giocherelloni, si divertivano a scambiarsi di ruolo, tanto erano identici! A scuola era sempre uno che si faceva interrogare per tutti e tre, perchè era il più studioso... gli altri due erano degli scansafatiche!”
Gli anni passarono pieni di amore e allegria, finchè la mamma di questi gemelli non morì, un giorno d'autunno, improvvisamente.”
“Cosa vuol dire nonno 'morì'?
“Che qualcuno dal cielo l'ha chiamata, perchè aveva bisogno della sua dolcezza, dei suoi abbracci, dei suoi baci... così è diventata un angelo!”
“Anch'io voglio diventare un angelo, nonno!”
“Lo sei già, sei il mio angelo...” La stringo a me accarezzandole la testolina.
“Continua”
“Gli anni trascorsero dapprima pesanti, poi pian piano il dolore si fece più facile da sopportare... Ogni anno che passava, al papà dei gemelli nasceva una nuova ruga.”
“Perchè?”
“Perchè la ruga è un gesto d'amore. L'angelo scendeva dal cielo per disegnargliene una sul viso. Ogni anno, sempre, non se ne dimenticava mai.
Più rughe aveva e più aveva la certezze che l'angelo non si era scordato di lui, che l'amava ancora e sempre l'avrebbe amato.”
La mia nipotina allunga la mano e mi accarezza il viso dicendo:
“Ma allora anche tu nonno hai qualcuno che ti ama tanto da lassù.”
“Sì, Stella, ogni mattina, mi sveglio e mi tocco il viso. Seguo le rughe, le loro linee che formano, come fosse un quadro. E sorrido, perchè è il quadro dipinto da un angelo, ed è il più bello che ci sia.”

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