giovedì 31 ottobre 2013

Post da consumarsi preferibilmente entro: 31/10

Ciao,

un post scritto e mangiato per augurarvi buon halloween!

Ci ho pensato e ripensato: cosa scrivere per la vigilia di Ognissanti? La prima cosa che mi è venuta in mente è stata: Scriviamo un raccontino horror!! ... mah ... è decaduta subito. Purtroppo i tempi erano troppo stretti e, in più, la mia passione per le perline è tornata a fare capolino ergo sto dividendo le mie serate per cercare di dare spazio a tutte le passioni compresa l'uscita con le amiche (che se capita l'occasione, ben venga!). Non scherzo quando vi dico che mi sono disegnata uno schemino per definire ogni sera a cosa mi dedico!
Comunque... il dilemma restava, cosa scrivere per onorare la festività e anche la mia apparizione settimanale al blog (tipo fantasma... appropriato direi:-D!!)? E ho cominciato a pensare ai film, film horror... trovato! Una classifica dei miei film horror preferiti! ... mmm ... no... è pò troppo banale come idea. Un pò trita, direi, anche perchè volevo davvero scrivere qualcosa di interessante e un pò più originale, un pò più costruito.
Così... mantenendo la tematica film horror ho continuato a riflettere.
Horror movie... horror movie... e se ci concentrassimo su quelli nostrani??
Dovete sapere che l'Italia ha una storia eccellente di film horror, impreziosita da maestri come Lucio Fulci, Mario Bava, Dario Argento, Lamberto Bava per citare i più celebri in assoluto.
Oggi, eccezion fatta per Dario Argento, il genere made in Italy sembra scomparso ed è un peccato perchè in America hanno amato e amano tutt'ora i nostri horror degli anni '70-'80, anni in cui il genere era fiorente e rigoglioso. Tarantino si è ispirato a questi film per molti dei suoi e non manca di omaggiarli inserendo a sua volta sequenze che li ricordano. Per citarne un paio: in Kill Bill vol. 1 la scena in cui Gogo piange sangue dagli occhi è un omaggio a una scena simile apparsa in Paura nella città dei morti viventi di Lucio Fulci, come anche in Kill Bill vol. 2 la scena in cui la Sposa strappa l'occhio a Elle Driver strizza l'occhio (Buahahahahahahahah, come sono sadica!) alla scena similare in Zombie 2 sempre di Lucio Fulci.
L'horror italiano ha fatto scuola, il genio dei nostri registi ha avuto l'illuminazione di inserire parti splatter e volutamente violente nei classici film di zombie, vampiri, lupi mannari ecc... e se ci pensiamo oggi non riusciamo ad immaginarci un film horror senza una qualche parte violenta e grottescamente sanguinolenta.
Questa genialata, passatemi il termine, ha cambiato il genere, rendendolo più coinvolgente, più pauroso, degno di essere celebrato e venerato.
Gli horror degli ultimi anni, tutti figli di The Blair Witch project (alzi la mano chi è andato a vederlo con grandi aspettative ed è rimasto deluso...), ovvero telecamera che sembra manovrata dai protagonisti, molto più audio che video, il punto di vista prettamente di chi ha in mano la telecamera, hanno tutti lo scopo di scatenare l'ansia del: cosa c'è nel non vedo, nella parte che nn viene inquadrata da queste inquadrature personalizzate che girano. Non si sa bene cosa sia il nemico/ entità da combattere, finiscono più o meno tutti con la telecamera in terra e un urlo finale. Si... possono essere interessanti, possono anche piacere, ma... non li vedo al livello sublime di un La casa con le finestre che ridono di Pupi Avati, che... è uno dei film che mi ha creato più ansia in assoluto. Se non l'avete visto ve lo consiglio.
E vogliamo parlare della "trilogia della morte" del grande Fulci: Paura nella città dei morti viventi, ... E tu vivrai nel terrore, l'aldilà! Quella villa accanto al cimitero eletti cult dello spatter e pietra miliare del genere.
Come non citare Profondo Rosso di Dario Argento (l'unico di questi registi italiani ad essersi occupato solo del genere Horror, gli altri hanno tutti prodotto altri generi) film che è considerato uno dei più belli, se non il più bello del maestro Argento. La colonna sonora è rimasta il simbolo del terrore che ti può provocare un bel film dell'orrore.
Un altro movie che vale la pena di citare è Dellamore Dellamorte di Michele Soavi, piuttosto visionario e allucinogeno, oserei definire. O anche La maschera del Demonio di Mario Bava e di Lamberto Bava Demoni e Demoni 2.
Infine vi consiglio la visione di un film abbastanza vecchio: La mummia azteca-il risveglio della mummia di Rafael Portillo del 1957 che più che fare paura adesso fa sorridere, ma per i tempi dev'essere stato piuttosto terrificante!

Direi che è tutto!

Fatevi una scorpacciata di film vintage questo halloween!

Alla prossima:-)

sabato 26 ottobre 2013

GeekLife ∞ Twitter | il network dell'uccellino blu

Bentornati sulle webpagine della rubrica #GeekLife. Oggi vi propongo alcune letture per orientarvi sul network dell'uccellino blu.
Ho pensato molto a come scrivere questo post. Alla fine sono arrivata alla conclusione che il modo migliore per conoscere Twitter è iscriversi e cominciare a usarlo. Se però è la vostra prima volta su Twitter, qui ci sono alcune letture che potrebbero aiutarvi a non arrendervi al vostro primo tentativo.
  • Tim Collins, Il piccolo libro di Twitter, Sperling&Kupfer, 2009
  • Luca Conti, Comunicare con Twitter. Creare relazioni, informarsi, lavorare, Hoepli, 2010
  • Federica Dardi, Twitter, Apogeo (Pocket color), 2010
  • Barbara Sgarzi, Twitter, news e comunicazione, 40k Unofficial, 2012
Ad eccezione di Twitter, news e comunicazione, disponibile solo in formato digitale, gli altri testi sono reperibili sia in cartaceo sia in digitale.

Buona lettura!

Homepage di Twitter

giovedì 24 ottobre 2013

Il Meglio di Te

L'uomo è irragionevole,
illogico, egocentrico:
non importa, aiutalo.

       Se fai il bene, diranno che lo fai
        per secondi fini egoistici:
        non importa, fa' il bene.

Se realizzi i tuoi obbiettivi,
incontrerai chi ti ostacola:
non importa, realizzali.

        Il bene che fai forse
        domani verrà dimenticato:
        non importa, fà il bene.

L'onestà e la sincerità
ti rendono vulnerabile:
non importa, sii onesto e sincero.

        Quello che hai costruito
        può essere distrutto:
        non importa, costruisci.

La gente che hai aiutato,
forse non te ne sarà grata:
non importa, aiutala.

        Da' al mondo il meglio di te,
        e forse sarai preso a pedate:
        non importa, dai il meglio di te.

Amen.

Madre Teresa di Calcutta

Questa preghiera, o poesia come mi piace definirla, l'ho sentita alla radio il giorno dopo la tragedia di Lampedusa, il 4 ottobre.
E' già passato un pò di tempo e l'indignazione e il circo mediatico sta scemando in favore del nuovo scoop del giorno.
Di nuovo.
Come se fosse una novità.
Succede sempre così: si strombazzano grandi propositi sul momento e poi va a finire tutto nel dimenticatoio, ma i problemi rimangono e se non si risolvono la società si ammala di indifferenza e cattiveria e cade nel baratro. Un profondo buco nero da dove emergono solo gli istinti più bassi fomentati da quello che i media fanno passare per pensiero che tutti noi dovremmo avere su un certo fatto.
Non è più consentito formarsi un'opinione da soli.
Ma questa è un'altra storia...

Oggi volevo trasmettervi le sensazioni che mi hanno infuso queste parole, queste splendide parole.

Un attimo dopo averla ascoltata, mi è venuta voglia di essere una persona migliore. Mi ha inondato di una positività che non sentivo da anni. 
Davvero, di tanto in tanto bisognerebbe fermarsi e pensare a fare il bene, ad aiutare il prossimo, a ignorare le malignità che si sentono sul proprio conto per una buona azione compiuta. E farlo, se se ne ha l'occasione. Forse... servirebbe ad ognuno di noi allenarsi a "fare il bene" senza pensare di avere nulla in cambio, dovremmo capire che è cibo per la nostra anima e la nostra umanità interiore, che molte volte si perde in stupidi rancori su piccole cose.
E dimentichiamo...
A volte, quando sento notizie di rara crudeltà e raccapriccio, mi chiedo se siamo ancora esseri umani o siamo diventati demoni; neanche bestie, demoni, perchè le creature del mondo animale non conoscono la cattiveria nuda e cruda, ma solo l'istinto e la sopravvivenza.
E' questo, secondo me, la grande peste del nuovo millenio: il perdere l'umanità, la capacità di amare, l'essere gretti e concentrati solo su se stessi. L'essere gratuitamente perversi, brutali, cattivi, egocentrici...
non avere più coscienza e buonsenso.
E' questa la vera morte dell'essere umano: il buio dell'anima.
Leggere e leggersi questa preghiera, può essere un piccolo passo, un piccolo aiuto per allontanare il pozzo senza fondo e sentirsi vivi e positivi verso il futuro.

... Sperando di avervi lasciato nel cuore questa riflessione ...

Alla prossima:-)
PS: Ciao a Tutti! Sono tornata!:-)

 

martedì 22 ottobre 2013

Speciale eShelf | 3Narratori - racconti scelti

Oggi voglio parlarvi di un'iniziativa letteraria nata sul web e interamente progettata, scritta, editata e distribuita da bloggers. L'ideazione del progetto è di Marco Stabile, aka Salomon Xeno e vi rimando al suo blog per saperne di più; seguite l'etichetta 3Narratori e scrollate la pagina per lo storico dei post. Quello che vi propongo è un assaggio e una microrecensione. 

Copertina di Paola Cocchetto
“Il suono metallico del maglio del fabbro che picchiava sul ferro arroventato, il ritmico andirivieni della zagola per fare il burro e le risate dei bambini che giocavano sul grande prato all'inizio delle case.„

3Narratori - racconti scelti3Narratori - racconti scelti by Marco Stabile
My rating: 5 of 5 stars

Un ebook che nasce da un esperimento sul web, interamente redatto, scritto, distribuito da blogger. La dimostrazione che dal web possono nascere sinergie che portano a prodotti di qualità. Una lettura consigliata!

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Ho stuzzicato il vostro appetito? ;) 

sabato 19 ottobre 2013

GeekLife ∞ Coder Dojo

Cosa sono i CoderDojo? Come è nata l'iniziativa? Come funzionano?
Ce lo spiega Gianluca Bertani in questo guest post per la rubrica GeekLife.

Negli anni ’80 c’è stata una generazione di persone, oggi quarantenni, che hanno imparato a programmare un computer quando avevano 10 anni o poco più. È la generazione dell’Apple II, del Commodore 64 e del Sinclair ZX Spectrum. Ne faccio parte anch’io.

Questi primi “microcomputer” erano piuttosto differenti da quelli odierni. Una volta accessi ti presentavano un cursore lampeggiante e poco altro. L’unica interfaccia* che fornivano ai propri utenti era il linguaggio BASIC, un linguaggio di programmazione tanto semplice quanto potente. Niente puntatore del mouse, niente icone, niente documenti, niente hard disk. Un cursore lampeggiante e basta. Praticamente erano scatole vuote.

C’è una bella differenza tra trovarsi davanti una scatola vuota e una scatola piena di roba inutile. Una scatola vuota è come una tela bianca, stimola la creatività. Così si cominciava a leggere qualche riga del manuale di istruzioni e si scopriva che con una “PRINT” e una “GO TO” si faceva già un programma. Si scopriva che programmare un computer non è poi così difficile: basta pensare bene ciò che si vuole che la macchina faccia, e mettere le istruzioni bene in fila. Si trovavano i listati dei programmi (tipicamente videogame) sulle riviste di computer dell’epoca. Si ricopiavano e magari si provava a cambiare qualcosa.

Un programma è una procedura, una sequenza di passi. Ci sono molte cose nella vita quotidiana che assomigliano ad un programma. Vestirsi, per esempio, ma anche una ricetta di cucina. Le ricette in particolare hanno una somiglianza straordinaria: hanno una fase dichiarativa (“servono 500 gr di farina, 1 bicchiere d’acqua, una bustina di lievito” ecc.) ed una fase procedurale (“unisci l’acqua e la farina, impasta, aggiungi il lievito, metti in forno” ecc.). Nella fase procedurale si può addirittura riconoscere l’uso di subroutine* (ad es. “aggiungi la crema pasticciera”, che richiede l’esecuzione di una ricetta a parte).

Chi non ha mai avuto a che fare con la programmazione può pensare che assomigli più ad un complicato sistema di equazioni. Non è così, la matematica c’entra pochissimo con la programmazione, ed è per questo che le equazioni si imparano alle scuole medie, mentre un programma può scriverlo anche un bambino di 7-8 anni. Anzi, senza saperne niente di neurologia infantile, credo di poter dire con sicurezza che quella è l’età migliore per addestrare la memoria procedurale di un individuo.

L’industria dell’informatica personale, però, non ha mai avuto l’obiettivo di formare le menti dei bambini, ma piuttosto di fare soldi vendendo più macchine possibile. Non c’è niente di immorale in questo, è nella natura delle cose. Questo obiettivo ha portato alla creazione dei sistemi operativi ad icone, come Windows e Macintosh, e alla realizzazione di computer estremamente potenti, relativamente facili da usare e con costi contenuti. Se i computer fossero ancora come i Commodore 64 difficilmente ne avremmo uno in tasca: vi mettereste a scrivere un programma per fare una telefonata con il vostro iPhone? Io no.

Già a metà degli anni ’90 un computer era un oggetto piuttosto differente. Acceso, si presentava con una serie di programmi preinstallati, tutti perfettamente inutili: paint, notepad e altri diecimila aggeggi, che molti non hanno mai neanche saputo di avere. Un click e il programma partiva.
L’interprete BASIC, per scrivere un proprio programma, c’era ancora ma era ben nascosto. Il computer era poi diventato un oggetto delicato, cosa che prima non era. Un Commodore 64 si poteva spegnere e riaccendere come un tostapane, semplicemente ripartiva con il suo bel cursore lampeggiante. Ma se uno spegneva e riaccendeva un PC con Windows senza aver fatto lo shutdown*, la macchina si metteva a dare ogni sorta di problema. Con il rischio di perdere tutto quello che ci si era messo dentro.

Allo stesso tempo, scrivere un programma per computer era diventato estremamente difficile. Può sembrare un paradosso, ma un programma semplicissimo da usare è difficilissimo da scrivere. Questo è dovuto alla differenza tra come la macchina funziona al suo interno e come invece deve presentarsi all’utente. Più l’utente si aspetta un’interfaccia vicina al suo mondo reale e più la macchina deve lavorare. I sistemi operativi moderni usano questa metafora della scrivania per essere più vicini all’utente, ma per ottenerla spremono la macchina fino all’ultimo bit.

Così, in 10-15 anni si è passati da computer:
  • robusti;
  • con un’interfaccia rudimentale;
  • relativamente facili da programmare;
  • sostanzialmente vuoti;
a computer:
  • delicati;
  • con un’interfaccia sofistica e facile da usare;
  • difficilissimi da programmare;
  • pieni di roba inutile.
Sì è passati da programmi così*:

10 PRINT “CIAO”
20 GO TO 10


a così*:

#include <stdio.h>
int main(int argc, char *argv[]) {
    while (1) {
          printf(“CIAO\r\n”);

    }
    return 0;
}


Quindi non c’è da meravigliarsi se mettendo computer con Windows davanti a bambini di 7-8 anni non si è ottenuta una nuova generazione di piccoli programmatori. Si è ottenuta una generazione di utenti. Che è ben diverso.

Da allora ai bambini si insegna al massimo qualche rudimento sull’uso del computer, non certo sulla programmazione. E se un bambino chiede timidamente come si fa ad aggiungere un’altra icona che faccia quello che vuole lui, la risposta è sempre: “Uuuh! E’ una cosa complicata! Lo imparerai poi all’università!”. Infatti la programmazione oggi è materia da scuole superiori e università, apparentemente riservata a teenager dall’aria disadattata e antisociale.

Ma siamo sicuri che questo sia l’unico modo? Che non ci siano altri modi di programmare un computer che non richiedano 10 anni di studi? Possibile che non si possa realizzare uno di questi complicatissimi programmi per rendere la programmazione semplice com’era sul Commodore 64?

Certo che si può. Ci sono stati numerosi tentativi, ma quello che si è dimostrato più efficace l’ha realizzato il Massachusetts Institute of Technology (MIT) nel 2006, ed è un linguaggio di programmazione visuale di nome Scratch. In questo linguaggio il programma di prima si scrive così:
Scratch impiega la metafora del teatro: l’area di lavoro è un palcoscenico (“stage”), su cui si possono appoggiare numerosi oggetti visuali (“sprite”), la cui forma può essere disegnata o caricata da un insieme fornito con il programma (tra cui ci sono animali, astronavi, persone in varie posizioni, elementi di paesaggio, ecc.). Ad ogni sprite è associato un programma, che si costruisce montando tra loro blocchi componibili come quelli più sopra. I blocchi hanno una forma tale da rendere evidente il loro funzionamento.

Scratch è gratuito e scaricabile liberamente*. Funziona su Windows, Mac OS X e Linux, e i programmi scritti con Scratch possono passare senza problemi da un sistema operativo all’altro. Ah, dimenticavo: è tradotto in 40 lingue diverse. Scusate se è poco.


Se avessi avuto uno strumento del genere 30 anni fa, non oso immaginare cosa avrei potuto ricavarne.

Lo strumento da solo, però, vale poco se rimane chiuso in un cassetto. Così, nel 2011 è nato CoderDojo*, dall’iniziativa di James Whelton e Bill Liao. E’ un movimento non-profit mondiale, nato in Irlanda, con lo scopo di fornire gratuitamente l’insegnamento della programmazione (ma non solo) a bambini e ragazzi.

Il nome è l’unione di un termine inglese: “coder”, cioè colui che scrive codice (cioè il programmatore), e di uno giapponese: “dojo”, cioè palestra di arti marziali (anche se il termine ha sfumature filosofiche). CoderDojo è quindi una “palestra per programmatori”.

La scelta di utilizzare Scratch come strumento di apprendimento non è del movimento CoderDojo mondiale: il movimento si limita a consigliare l’uso di tecnologie open source*, di cui Scratch fa parte. Ogni CoderDojo locale sceglie liberamente. In Italia è arrivato prima a Milano, dove si è consolidato rapidamente, e da lì si è poi propagato ad altre città tra cui Bologna*, dove io ho partecipato. Milano, Bologna e gran parte dei CoderDojo italiani usano Scratch.

Una sessione di CoderDojo tipicamente avviene ogni 1-2 settimane. Sono invitati bambini e ragazzi da 7 a 13 anni. Ogni sessione dura 3 ore, con una pausa in mezzo per la merenda. Tipicamente è organizzata in un tutorial nella prima parte e in uso libero di Scratch nella seconda.
Il tutorial viene presentato su un grande schermo e fatto passo per passo, insieme ai bambini.
Di solito l’obiettivo è arrivare a costruire un piccolo videogame di esempio. Durante tutte le 3 ore, sono a disposizione dei mentor (di cui io sono stato uno) con lo scopo di aiutare i bambini se si trovano bloccati o rimangono indietro rispetto al tutorial. I genitori naturalmente sono presenti, ma gli è vietato intervenire.

Questo un piccolo vademecum per i mentor:
  • essere curiosi verso il bambino, prestare attenzione alla domanda che fa;
  • il bambino è competente, avere fiducia nelle sue capacità;
  • intervenire solo su richiesta;
  • non temere gli errori, sbagliando si impara;
  • incoraggiare il bambino, premiare ciò che fa di giusto;
  • non dire “non”, mettere le frasi in modo positivo;
  • ma soprattutto: divertirsi!
Non si tratta quindi di una lezione frontale, tutt’altro: ogni bambino ha il proprio computer, segue il tutorial con il suo ritmo, ed è libero di prendere strade alternative se vuole sperimentare. Nella seconda parte i bambini sono liberi di espandere su quello che hanno visto con il tutorial, oppure ripartire da zero e fare qualcosa di completamente diverso. Non ho idea se Whelton e Liao abbiano mai sentito parlare della pedagogia di Loris Malaguzzi*, ma questo approccio le assomiglia in modo sorprendente.

Il risultato di solito è esplosivo: dopo 3 ore si vedono tanti videogame diversi quanti bambini sono presenti. Sottomarini, astronavi, squali, asteroidi, gatti, cani... di tutto. I bambini si dimostrano entusiasti dello strumento, e di solito si rifiutano di andar via.

Vedere questa esplosione di creatività materializzarsi sotto al naso è un’esperienza unica, che lascia senza parole. Un’esperienza che contraddice il luogo comune che la programmazione sia qualcosa per nerd* cervellotici: è in realtà uno strumento per esprimere la creatività come qualsiasi altro: come una tela, come una chitarra o come carta e penna. Come diceva Steve Jobs.
“I think everyone should learn how to program a computer,
because it teaches you how to think.
I view computer science as a liberal art,
something everyone should learn to do.”
- Steve Jobs

Note {nel testo sono segnalate con *}
  • Una “interfaccia” è un meccanismo di dialogo tra due componenti diverse, in questo tra la macchina e il suo utente.
  • Una “subroutine” di un programma è un sottoprogramma autonomo con una funzione ben specifica, che solitamente viene richiamato più volte.
  • Lo “shutdown” è la procedura che la macchina esegue quando le si chiede di spegnersi. E’ una procedura di una certa delicatezza, se non viene fatta il sistema operativo può malfunzionare.
  • Questo programma si limita a scrivere sullo schermo “CIAO” in continuazione, ed scritto in linguaggio Microsoft BASIC.
  • Questo programma fa la stessa cosa del precedente, ma è scritto in linguaggio C. Dall’inizio degli anni ’90 in poi questo linguaggio (e le sue derivazioni, come C++, Java e Objective-C) è diventato quello d’elezione per la programmazione dei sistemi operativi moderni. A differenza del BASIC, il cui nome non è un caso, il C espone tutta la complessità della macchina: tipi di dati diversi, puntatori e funzioni di sistema.
  • scratch.mit.edu
  • coderdojo.com
  • Il software FOSS (“free and open source”) nasce dall’idea di Richard Stallman di distribuire i propri programmi insieme al codice (cioè il listato del programma) in modo che gli utenti possano modificarlo liberamente. L’idea è poi diventata la base del movimento FSF (Free Software Foundation) che si fa promotrice di questa filosofia di distribuzione del software nel mondo. Oltre a Scratch, anche il sistema operativo Linux ne fa parte, così come una parte importante del sistema operativo Mac OS X.
  • www.coderdojobologna.it
  • it.wikipedia.org/wiki/Loris_Malaguzzi
  • Da Wikipedia: “nerd” è un termine della lingua inglese con cui viene definito chi ha una certa predisposizione per attività particolari, quali giochi di ruolo, film fantasy e innovazioni tecnologiche, ed è al contempo tendenzialmente solitario e con una più o meno ridotta propensione alla socializzazione. Aggiungo che di solito ha un’accezione piuttosto negativa.


L'Autore si presenta
Gianluca scrive software da 30 anni, di cui 18 professionalmente. Attualmente è software architect presso Weswit di Milano, società nota per Lightstreamer. Ha inoltre un proprio studio di sviluppo software a Bologna di nome Flying Dolphin Studio.

venerdì 18 ottobre 2013

#FridayReads ∞ Mondo9 di Dario Tonani

Il #FridayReads di oggi è interamente dedicato all'autore sci-fi/steampunk Dario Tonani e alla tetralogia di Mondo9 pubblicata in Italia da 40k Books*. Alla tetralogia si è aggiunto un quinto ebook, per i tipi di Delos Digital, Mechardionica, su cui avremo modo di ritornare. Intanto vi propongo un assaggio e una minirecensione** per i primi quattro ebook.

Cardanica
“Non c'era un solo piano che non desse l'idea di non poter essere spostato altrove, alzato, abbassato, inclinato o fatto ruotare di centoottanta gradi.„

CardanicaCardanica by Dario Tonani
My rating: 5 of 5 stars

Letto tutto d'un fiato in soli due giorni! Dario racconta una storia crudele e affascinante al tempo stesso, in un mondo fatto di sabbia e macchine carnivore che sto imparando a conoscere e del quale vorrei sapere di più. Una lettura consigliata.

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Robredo
“Avrei dovuto capirlo che c'era qualcosa di profondamente sbagliato nel modo in cui quella "cosa" ci guardava, acquattata nella sabbia.„

RobredoRobredo by Dario Tonani
My rating: 5 of 5 stars

Un deserto di sabbia velenosa. Un bambino e un padre a caccia di cibo, per sopravvivere. Un relitto che non è morto. Pezzi di ricambio. Continua il viaggio su Mondo9. Crudele e affascinante a un tempo.

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Chatarra
“L'isola era un immenso conglomerato di metallo, ciò che rimaneva di un cimitero di relitti accatastati l'uno sull'altro fino a comporre una "terraferma" di ruggine e lamiere spoglie.„

ChatarraChatarra by Dario Tonani
My rating: 5 of 5 stars

Un cimitero dove le navi della sabbia vanno a morire. Un'isola artificiale, composta di relitti morti o moribondi. Una Gilda il cui compito è uccidere il metallo. Due fratelli. Una missione. Continua il viaggio su Mondo9 alla scoperta di un nuovo, terrificante aspetto di questo mondo crudele.

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Afritania
“L'esistenza sopra il metallo era grama e pericolosa, e il Morbo che trasformava la carne nuda in ottone un nemico subdolo e implacabile.„

AfritaniaAfritania by Dario Tonani
My rating: 5 of 5 stars

Trent'anni dopo il naufragio della Robredo e il ritorno alla civiltà a bordo del Cardanic, protagonista di questo racconto è Garrasco. La vicenda chiude idealmente il cerchio narrativo aperto con Cardanica. Filo conduttore, la Robredo, che accompagna le vicende di Mondo9 e fa qui la sua ultima e definitiva comparsa. Anche questo un racconto amaro, orrorifico e crudele.

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Nota
* Ho corretto i link all'editore originario delle novelette, su segnalazione di Dario Tonani, in 40k Books.
** Le minirecensioni provengono dal mio account Goodreads.
Su Il futuro è tornato potete leggere un'intervista all'autore.

sabato 12 ottobre 2013

Webmaking101 ∞ Scrivere sul web #3

Bentornati sulle webpagine della rubrica Webmaking101. Con questo post si conclude la serie di consigli sulla scrittura per il web, liberamente adattati da Il mestiere di scrivere di Luisa Carrada.
Rinnovo ancora una volta l'invito a leggere il libro, disponibile anche in ebook e a seguire il blog di Luisa.
Oggi parliamo di come scegliere il titolo di un sito web/blog, dell'uso dei grassetti, della funzione dei link, della tagline e del metodo della piramide rovesciata.

Il titolo (del sito web/blog)
Ha una funzione importante, quella di incantare e incuriosire il lettore.
È il biglietto da visita del nostro sito web/blog.
Deve soddisfare due caratteristiche: essere a) informativo e b) memorabile.
Deve parlare del contenuto, attirare l'attenzione ed essere breve ed incisivo.
Se ad esempio scrivo:

Il magico superlativo delizioso mondo delle fantastiche creazioni pasticcere dell'incredibile inimitabile mago delle torte, dei biscotti, dei bigné e delle brioches {vi siete persi? :P}

Sweetopia*

Quale dei due titoli secondo è più efficace?

La grafica di testata di Sweetopia

I grassetti
Sui grassetti non c'è molto da dire, ma utilizzateli con parsimonia, perché non devono essercene troppi sulla pagina, giusto il minimo indispensabile. La loro funzione è guidare la lettura dell'articolo o del post, soprattutto se si tratta di un testo lungo e complesso.**

I link
“I link sono la linfa vitale, la quintessenza del web.„
“Senza link non c'è ipertesto, non c'è azione, non c'è aspettativa né sorpresa.„
“Un link è un servizio e un dono, da scegliere con cura, collocare nel punto giusto, accertarsi che continui a funzionare nel tempo.„
da Il mestiere di scrivere, p. 109 {versione iBooks}

I link forniscono:
  • informazioni supplementari
  • approfondimenti
  • pagine del sito che trattano argomenti simili
  • opinioni altrui
  • spiegazioni, glossari, voci di enciclopedia
I testi dei link devono dei piccoli capolavori di scrittura persuasiva, devono essere chiari e tenere conto del testo che gli sta intorno, per accompagnarlo e valorizzarlo. Il link deve andare incontro alle aspettative del lettore, non intralciarlo nella lettura. Linkare bene è anche un modo per alleggerire il testo. Infine, un buon link deve essere specifico, cioè rimandare a un contenuto pertinente. Siccome chiama un'azione, è meglio collocarlo alla fine della frase e non all'inizio.

La tagline
È la frase o slogan che accompagna il logo o la testata (nei blog è il campo 'sottotitolo' oppure 'motto' - dipende dalla piattaforma). La sua funzione è evocare, attrarre, promettere.

La piramide rovesciata
Il metodo della piramide rovesciata stabilisce delle priorità nel testo: in alto e per primo va il testo più breve ma che contiene l'informazione più importante, verso il fondo invece vanno inseriti i dettagli e testi più lunghi. La struttura è la stessa di un articolo di giornale: titolo, sommario, attacco, testo.



La prossima serie di post sarà dedicato a grafica e design di un sito web/blog. Stay tuned! ;)

*Sweetopia è un sito molto carino con tanti consigli per chi ha l'hobby di decorare dolci e dolcetti.

**“I documenti lunghi stanno vivendo un vero e proprio rinascimento e, nella stratificazione del testo sul web, costituiscono lo strato più ricco e profondo, quello che soddisfa il desiderio di informazioni e dettagli degli utenti più esigenti.„ 
da Il mestiere di scrivere, p. 148 {versione iBooks}

venerdì 11 ottobre 2013

Ottobre

Ottobre, grappolo
di giorni bianchi,
di giorni neri,
di giorni stanchi
e di pensieri.
Ottobre gira
nel suo cappotto
per la campagna:
per una lira
ti dà un sacchetto
e una castagna.

~ Roberto Piumini, Poesie piccole*, Ballata dei mesi ~

*R. Piumini, Poesie piccole, Mondadori (Oscar Junior), 2011

martedì 8 ottobre 2013

Autunno

Quando la terra
comincia a dormire
sotto una coperta
di foglie leggere,
quando gli uccelli
non cantano niente,
quando di ombrelli
fiorisce la gente,
quando si sente
tossire qualcuno,
quando un bambino
diventa un alunno:
ecco l'Autunno.

- Roberto Piumini, Poesie piccole*, Ballata dei mesi

*Tratta da R. Piumini, Poesie piccole, Mondadori (Oscar Junior), 2011
Il disegno l'ho realizzato io con Bamboo Paper.

domenica 6 ottobre 2013

Webmaking101 ∞ Scrivere sul web #2

Bentornati sulle webpagine di Webmaking101 per la seconda puntata di Scrivere sul web.
Il testo di riferimento come sapete è Il mestiere di scrivere di Luisa Carrada. Rinnovo dunque l'invito a leggere il testo e a seguire il suo blog.
Oggi vi propongo una riflessione su come cambia la lettura sul web.

Il colpo d'occhio
Sul web l'aspetto visivo di un testo è fondamentale. È il suo biglietto da visita. Dal colpo d'occhio il lettore ricava una prima impressione del testo e il colpo d'occhio è sempre visivo.

“Le parole, prima ancora di leggerle, le guardiamo.„*

La prima cosa che facciamo all'apertura di una pagina è esplorarla per segnali testuali, alla ricerca di ciò che ci interessa: questi segnali costituiscono il primo livello di lettura e comunicano a colpo d'occhio il contenuto della pagina. Ma quali sono?
Gli occhi, ad apertura di pagina, sono attirati per prima cosa da titoli e sottotitoli, che devono formare un blocco unico e catturare l'attenzione del lettore.
Se un titolo cattura, il lettore prosegue nella lettura. Ma anche il sottotitolo è fondamentale nell'economia del testo perché funge da cerniera tra titolo e testo.

“Sia nei titoli sia nei sottotitoli, la tendenza è a leggere solo le prime due o tre parole, le preferite anche dai motori di ricerca.„

Dopo il titolo e il sottotitolo viene l'abstract, un breve paragrafo che contiene tutte le informazioni necessarie perché il lettore si faccia un'idea di ciò di cui tratterà il testo.
Un buon abstract gioca un ruolo chiave nell'incoraggiare il lettore a proseguire la lettura.
È importante tenere presente anche la lunghezza dei paragrafi:

“Gli articoli scritti con paragrafi brevi hanno il doppio dei lettori di quelli scritti con paragrafi lunghi.„

NB: sul web sono apprezzate anche le forme testuali alternative come faq, timeline, liste e didascalie.

“Apprezziamo sempre di più i testi organizzati per segnali all'interno della pagina, e per strati successivi, da sfogliare e leggere l'uno dopo l'altro, come in tre dimensioni.„

NB: sul web senza un buon paratesto anche il testo più interessante rischia di passare inosservato.

Un testo perfettamente leggibile sul web.


Dalla carta al web: cosa cambia?
Sul web cerchiamo testi incisivi, chiari, puliti, nei quali titoli, sottotitoli, immagini, colori, link, didascalie, elenchi, grassetti, e blocchi di testo comunichino subito il contenuto e ci aiutino nella lettura e nell'approfondimento. Testi leggeri e ariosi, con spazi bianchi ai lati e doppio spazio tra i paragrafi, che prediligano una sintassi semplice e piana e l'utilizzo di parole brevi, semplici, quotidiane.

“Se l'obiettivo è informare con chiarezza è meglio orientarsi verso una sintassi semplice, osservando la "legge della vicinanza": tenete insieme soggetto, verbo, complemento oggetto.„

Per concludere, i miei tips preferiti, tra i consigli di Luisa per la scrittura web:
  • Usate le parole di tutti i giorni.
  • Usate verbi semplici e preferite la forma attiva.
  • Utilizzate gli avverbi con parsimonia. 
  • Lavorate sul suono, sull'ordine delle parole e soprattutto sulla lunghezza delle frasi.
Note
*Tutte le citazioni vengono da Il mestiere di scrivere di Luisa Carrada, ed. Apogeo, 2008