Chilam Balam (pt.1)
I fatti che sto per narrare potrebbero sembrare frutto della fantasia di
un folle. Sinceramente io stesso non posso escludere che lo siano. Ciò
di cui sono stato testimone la notte scorsa è talmente fuori da ogni
logica che ho creduto subito opportuno annotarne le parti salienti in
questo mio diario, affinché ne possa rimanere traccia allorché la mia
vita su questa terra giungerà alla sua conclusione. Il mio corpo è
precocemente invecchiato e sento che quell’anelito di vita che è rimasto
in me si sta, ora dopo ora, sempre più affievolendo. Devo scrivere in
fretta, prima che sia troppo tardi. Dio solo sa cosa ne sarà di questa
mia povera anima dopo il trapasso! Quando la mia intera esistenza verrà
giudicata, non potrò non rendere conto dei segni incancellabili che i
recenti avvenimenti hanno causato alla mia anima.
Mi chiamo Manuel Mendoza e ho 23 anni. Solo fino ad un paio di
settimane fa la mia vita fu quella di un normalissimo giovane dall’animo
puro e ingenuo che intendeva abbracciare la fede cattolica e farne lo
scopo della propria esistenza. Nonostante ciò, la mia mente era molto
aperta e curiosa e dedicavo buona parte del mio tempo non solo alla
lettura dei testi sacri, ma anche a quei polverosi quanto affascinanti
volumi che di tanto in tanto prendevo a prestito dalla biblioteca
dell’Università, qui a Città del Messico. Mi appassionava in
particolar modo un manoscritto dal significato oscuro proveniente da una
non meglio precisabile epoca lontana. Non ne riporterò qui il titolo
perché credo sia meglio che quel libro si perda nell’oblio: solo adesso
mi rendo conto infatti di quanto terribili fossero quelle pagine, se
interpretate nel modo corretto.
Ai miei giovani occhi apparivano null’altro che lunghi elenchi di nomi,
strani disegni di piante sconosciute e di esseri bizzarri. Qua e là si
potevano leggere pagine e pagine di quelle che sembravano essere
preghiere o invocazioni. Ho detto “sembravano” perché ancor oggi non
sono sicuro di cosa fossero in realtà: la lingua in cui il libro era
scritto era un misto di spagnolo, latino e almeno altre tre lingue a me
sconosciute. Quel libro mi rendeva inquieto, ma allo stesso tempo
provocava in me un senso di attrazione che io stesso ritenevo
inspiegabile. La sua origine era ignota, così come il nome del suo
Autore: provai a chiedere informazioni in biblioteca, ma l’addetto non
solo non seppe aiutarmi, ma dimostrò di ignorare completamente
l’esistenza di quel libro. Sapevo che anche il più piccolo spillo
presente sugli scaffali era catalogato in ordine alfabetico, con
l’indicazione della sua provenienza (il più delle volte si trattava di
un lascito o di un’eredità da parte di qualche cittadino). Stranamente,
però, nessuno in passato aveva mai catalogato quel manoscritto: sembrava
fosse apparso dal nulla e che mai nessuno lo avesse preso a prestito
prima. Era come se non fosse mai esistito, e forse era proprio per
questo che tanto mi affascinava e passavo pomeriggi interni a sfogliarne
le delicate pagine.
Fu proprio nel corso di uno di quei pomeriggi che per la prima volta incrociai colui che indirettamente fu la causa della mia dannazione. Dannazione di cui devo tuttavia ritenere responsabile soltanto me stesso, incapace di trattenere la mia innata curiosità. Quando entrai nella vasta sala dove era conservato il testo che mi ossessionava, non potei fare a meno di notare quell’uomo: un viso sottile e allungato, un paio di baffi ben curati e un’improbabile barba a punta. Indossava una lunga tonaca ed era tutto intento a prendere appunti su alcuni fogli che aveva accanto a sé. Di tanto in tanto si soffermava sul libro che aveva preso dallo scaffale, dopodiché riprendeva a scrivere. Non immaginate la mia sorpresa quando finalmente realizzai che il libro che stava consultando era proprio QUEL LIBRO! Mai prima di allora avevo visto anima viva interessarsene. Lo osservai da una distanza di pochi passi per lunghi, interminabili minuti: sembrava non accorgersi della mia presenza, talmente era intento in ciò che stava facendo. Mi chiedevo cosa stesse scrivendo: forse quell’uomo conosceva il significato di quegli oscuri simboli e di quelle oscure parole?
Decisi di scoprirlo: spudoratamente mi sedetti proprio accanto allo sconosciuto, cercando di sbirciare la pagina sulla quale si era soffermato. Proprio in quel momento egli alzò il capo e mi fissò negli occhi con uno sguardo acuto che mi gelò il sangue nelle vene. Rimasi paralizzato per un tempo che non saprei dire. La voce che uscì da quella bocca fu al contrario inaspettatamente dolce:
- Lascia perdere questo libro, ragazzo. Lascialo perdere e vattene, non
c’è nulla di interessante qui. - Feci per protestare, ma mi interruppe
immediatamente: - Non dire nulla ragazzo. Non hai idea dei pericoli a
cui andrai incontro se i tuoi occhi si dovessero soffermare su queste
pagine.
Queste parole mi vennero dette con un tono deciso. Non dissi nulla, mi
alzai e mi allontanai. La mia curiosità era però diventata impossibile
da combattere. Evidentemente quell’uomo disponeva di informazioni sulla
natura di quel manoscritto che ero ormai deciso voler conoscere. Uscii
dalla biblioteca, ma non mi allontanai. Mi sedetti invece sui gradini
della chiesa proprio lì di fronte. Lo avrei atteso e, così mi dissi, poi
lo avrei pedinato. Il primo passo, pensai, era capire chi fosse; poi
pian piano avrei cercato di conquistarmi la sua fiducia e in seguito
finalmente porgli le domande che mi stavano tanto a cuore. Trascorsi ore
intere su quei gradini. Furono in molti ad entrare e uscire dalla porta
della biblioteca, ma di quell’uomo nessuna traccia. Era quasi il
tramonto, la biblioteca avrebbe chiuso i battenti di lì a poco.
Finalmente mi decisi, ma proprio allora il bibliotecario si affacciò sulla soglia con il chiaro intento di sprangare il portone. Mi rivolsi a lui pregandolo di farmi entrare un attimo: accampai la scusa di aver dimenticato la mia penna all’interno. Il bibliotecario mi conosceva ormai bene e non fece obiezioni, solo mi raccomandò di non trattenermi a lungo. Mi precipitai nella sala dove ero stato solo qualche ora prima: di quell’uomo non v’era più traccia. Mi guardai rapidamente in giro. Non c’erano molte stanze e la biblioteca non offriva alcun tipo di nascondiglio per chi avesse voluto, per chissà quale motivo, trattenersi non visto al suo interno. Tutte le finestre erano dotate di pesanti inferriate e l’unica via d’uscita era proprio la porta davanti alla quale ero rimasto appostato tutto il pomeriggio. Come poteva quell’uomo essersi volatilizzato? Mentre riflettevo, il mio sguardo venne attratto da qualcosa di indefinito alle mie spalle; non so dire se si trattò di un rumore o di una semplice sensazione. Mi voltai e feci scorrere il mio sguardo per la stanza. E fu in quel momento che, con mio grande stupore, mi accorsi che l’ampio spazio sullo scaffale, dove fino a poco prima era conservato l’enigmatico volume, era ora completamente vuoto.
Biblioteca della Kremsmünster Abbey, Austria |
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