venerdì 29 marzo 2013

#FridayReads - I consigli di lettura del venerdì

Su Twitter il venerdì compare questo simpatico hashtag #FridayReads.
È un tag che i twitteri usano per scambiare consigli di lettura.
L'idea mi è piaciuta, così ho pensato di riproporla sul blog.
Per funzionare richiede però la vostra collaborazione di lettori.
Io ora lascerò qui un consiglio di lettura e voi, mi raccomando, indicate le vostre letture del weekend nei commenti! :)

Il mio consiglio questa settimana è una lettura leggera, per dare un po' di sollievo ai neuroni sovraccaricati dalla settimana di studio/lavoro.

Valérie Saubade, Miss Sweety, Piemme (GLAM), 2012

Un piccolo assaggio di trama:

“Tutto comincia con una lettera, una lettera minatoria. Fino a quel mattino d'autunno, Samantha non aveva mai pensato che tenere la posta del cuore su una rivista potesse essere pericoloso. Dare consigli da lontano, al riparo della sua casa e sotto le mentite spoglie di Miss Sweety, è l'ideale per una ansiosa come lei. Poco importa che la sua esperienza in fatto di amore, sesso e affini sia quasi nulla; per tenere a bada mogli insoddisfatte e adolescenti inquiete basta la laurea in psicologia.„

...e se la trama non basta, anche un piccolo assaggio dal libro:
“Cullata dal rumore della macchina, Samantha guardava in silenzio il paesaggio mentre suo padre guidava. Non parlava molto, ma Samantha non pretendeva di più. Si sentiva bene, affondata nel sedile di cuoio consunto dagli anni.„
È abbastanza per stuzzicare il vostro appetito di lettori?
E voi? Quali libri consigliereste per il weekend?

giovedì 28 marzo 2013

Web Stories ∞ Desiderio inconfessabile

La web story di oggi ce la regala Romina Tamerici del blog omonimo, per il tema #Frammenti.

Accade per caso. Quando meno te lo aspetti. Tutto nella tua vita è perfetto: un marito che ti rispetta, dei figli che ti somigliano e crescono sani, un lavoro che ami, un corpo che si fa notare, una buona reputazione e un’innata propensione ad aiutare gli altri che ti rende sempre ben voluta da tutti.
Sì, sei una di quelle donne che tutti guardano e pensano: «Hey, lei sì che è una vincente nella vita».
E un po’ lo pensi anche tu, di nascosto, per modestia e per non attirarti l’invidiosa sfortuna addosso.

Poi però succede qualcosa. Un minuscolo dettaglio. Basta davvero poco e improvvisamente la gabbia dorata in cui avevi vissuto fino a pochi secondi prima ti sembra stringerti in una morsa. Soffochi. È come venire al mondo per la seconda volta e cercare a fatica la forza di un primo respiro che tarda a venire.
Ciò che hai sempre negato a te stessa, ciò che hai nascosto anche ai tuoi più tristi pensieri ti si palesa davanti: non sei mai stata davvero felice.
Tuo marito tarda sempre più spesso a tornare dal lavoro. False riunioni te lo restituiscono con profumi di donna addosso e con quello sguardo che non ti sfiora più come un tempo.
I figli hanno dimenticato che sei madre e non serva e con il giungere dell’adolescenza pretendono più diritti dei doveri che mai avranno il coraggio di assumersi. Pian piano si distaccano da te e il tuo senso di abbandono piange un ventre che si fa sempre più vuoto.
Il lavoro non ti dà più soddisfazioni come un tempo, ti senti inutile anche lì, ormai.
Le tue colleghe più giovani o più disinibite, invece, fanno carriera con una gonna corta che tu senti ormai di non poterti più permettere, dopo che qualche dispettosa ruga ha solcato il tuo viso, rivelandoti che, se ti vesti da ragazzina, alla tua età sei solo patetica.
 La buona reputazione che credi di avere è un buonismo rassegnato di chi si è accorto prima di te che la tua vita fa schifo, ma non te lo vuole dire e allora recita una parte, sparlandoti alle spalle con ira, accidia, invidia e almeno un altro paio di vizzi capitali.
Il bene che fai per gli altri ti ritorna indietro solo come odio e risentimento, con accuse di becere macchinazioni che ti dipingono solo come un’opportunista.

Caduta una carta, crolla il castello.
Ti ritrovi senza certezze, se non quella di aver sbagliato tutto, di essere una fallita.
Mentre ti pettini, guardi la tua immagine riflessa nello specchio e ti odi, ti odi come non hai mai odiato nessun altro essere vivente. Non ti riconosci più, non ti senti quella figura nello specchio e la odi, la odi perché si ostina a essere te, mentre tu vorresti liberartene ed essere diversa.
Presa dalla rabbia, lanci la spazzola contro lo specchio. Un gesto stupido, da ragazzina, però ti fa sentire meglio, anche se il vetro va in pezzi e ti tocca pulirlo pensando alla tua stupidità. La tua immagine riflessa orrendamente in ogni piccolo frammento di specchio ti guarda con un ghigno non tuo. E mentre raccogli i pezzi, cerchi di raccattare anche i pezzi di te, ma sei troppo in frantumi.

Un pensiero insano ti riempie la mente. È inconfessabile quel desiderio di sentire un frammento insinuarsi nella carne e liberare il rosso nettare di vita. Tu non sei il tipo e lo sai. In una piccola parte di te, ti senti ancora una che ha vinto nella vita e non sai rassegarti alla sconfitta.
Raccogli i pezzi di specchio e li getti via. Poi però ne prendi uno e te lo rigiri per un po’ tra le dita. E istintivamente provi anche a passarlo sulla pelle, solo per vedere l’effetto che fa, per provare a sentire la sensazione che ti darebbe avere in mano di nuovo le sorti della tua vita, anche solo per porle fine.
Scoppi a piangere al pensiero dei tuoi pensieri. Ti disperi perché capisci che il tuo più grande desiderio è quello di sentire il sangue scorrere via da te, ma non vuoi ammetterlo. Sorridi da sola, mentre getti nella spazzatura l’ultimo frammento di specchio, come se quel pensiero fuggevole non fosse stato realmente tuo. Finisci di pulire per terra, inventi mentalmente una scusa credibile per giustificare lo specchio rotto e ritorni a fare la tua parte nel gioco che ti ha assegnato la vita: moglie, madre, lavoratrice, donna piacente, stimata e attenta agli altri. La consapevolezza del fallimento però ora è palese. E nei momenti di sconforto non ci saranno più illuse menzogne a farti compagnia, ma solo il ricordo di un’assassina carezza di vetro che, nonostante tutto, continuerai a desiderare.

***
L'Autrice si presenta
Biografia: Romina Tamerici, studentessa universitaria, scrittrice, blogger e non solo. Autrice di "Voliamo Insieme con la Fantasia" e "La mia amica Clorinda". Curriculum e bibliografia completa sono disponibili sul suo blog: http://tamerici-romina.blogspot.it/.

mercoledì 27 marzo 2013

eReader ∞ una panoramica

In questo post ho parlato dell'ebook Ultimo Orizzonte, romanzo di Valentina Coscia pubblicato da WePub, una giovane casa editrice che ha fatto la scelta coraggiosa di pubblicare solo in digitale.
E allora mi è venuta quest'idea: magari sarebbe interessante tenere una rubrica dove si parla di ebook, di case editrici che hanno scelto di farne il loro formato di battaglia e di nuovi autori italiani, tra cui anche i self-publisher.
Prima però ho pensato che potrebbe essere utile una panoramica sugli eReader.
L'autrice di questo post ne ha testati ben 4 modelli, di cui 2 della famiglia Kobo, il reader della Mondadori, un Amazon Kindle e un Leggo IBS (il mio primo ereader, ormai vecchiotto).



lunedì 25 marzo 2013

Novità di primavera

È arrivata la primavera. Anche se dalla neve che cade fuori dalla mia finestra non si direbbe.
È arrivata la primavera e, con la primavera, abbiamo inaugurato la nuova grafica primaverile!
I disegni della testata e dei bannerini delle rubriche sono di Eleonora Grasselli, del blog GioCammina con Matilde, la nostra nuova collaboratrice. Sì, finalmente abbiamo trovato un'illustratrice! :D
Ma le novità non si fermano qui. Che abbiamo aperto una Community su Google+ e abbiamo inaugurato un canale Youtube già lo sapete; iscrivetevi numerosi, mi raccomando!
Avete già avuto un assaggio della nuova rubrica Web Stories, l'appuntamento fisso del giovedì con i racconti scritti dai membri della Community. Presto aggiungeremo una pagina statica con i nomi di chi ha scritto con noi, una piccola bio e il link al loro blog o sito web.
Abbiamo intenzione di potenziare la rubrica GeekLife espandendo gli argomenti trattati a tutte quelle risorse che possono tornare utili a scrittori e lettori digitali, quindi prossimamente si parlerà di ebook reader, risorse per leggere e creare ebook, blogging, social media e piattaforme per la scrittura interattiva.
Per la rubrica Fruscio di Pagine questo venerdì inaugureremo un nuovo topic: #FridayReads, il consiglio di lettura del venerdì. L'idea mi è venuta dall'omonimo hashtag di Twitter. Ogni venerdì lasceremo per voi sul blog un consiglio di lettura per il weekend.
I libri scelti saranno letture leggere che possano essere lette, appunto, nello spazio di un weekend. La vostra partecipazione sarà molto gradita, quindi mi raccomando, lasciate i vostri consigli di lettura nei commenti!
Sempre nell'ambito della rubrica Fruscio di Pagine un nuovo piccolo spazio, ma speriamo che possa crescere in fretta, sarà dedicato alle pubblicazioni in digitale, sia di case editrici native digitali come WePub, sia di self-publisher, letti e commentati per voi.
Con la grafica primaverile ho deciso anche di sperimentare soluzioni diverse per quanto riguarda il layout del blog e di provare alcuni nuovi widget, come la welcome bar di wibiya.
È gradito il vostro feedback! Non esitate a lasciare commenti a questo post, oppure sulla nostra pagina Google+ (iscrivetevi numerosi!).

Postilla: avrete notato che ho tolto dal blog alcune delle pagine statiche. Le ho riportate temporaneamente in bozza per rivedere o aggiornare i contenuti.

Per il momento è tutto. Non dimenticate di lasciare il vostro feedback sulle nuove soluzioni grafiche del blog e restate collegati per le prossime novità. ;)

giovedì 21 marzo 2013

Web Stories ∞ Frammenti

La web story di oggi ce la regala Ciottolina sul tema #Frammenti.

Alle elementari avevo un’amica del cuore. Si chiamava Martina. L’ho conosciuta perché le altre bambine mi snobbavano, ero un maschiaccio, avevo i capelli corti, giocavo a palla e me ne infischiavo delle bambole. Si è avvicinata e abbiamo cominciato a giocare a palla insieme. Vedevo in lei un po’ di me, come si vestiva, come si muoveva, le idee che aveva, i giochi che inventava.
Ogni giorno che nasceva ci vedeva insieme.
Insieme a scuola, vicine di banco, nell’intervallo. Poi un paio di pomeriggi ci incontravamo a casa mia o a casa sua, tranne il mercoledì che aveva nuoto.
Avevo un cammello gigante, lei ci saliva sopra e con un microfono immaginario facevamo finta di essere in Egitto a girare un reportage, ed io facevo la regista.
Ricordo ancora l’odore di casa sua, il campo con gli alberi da frutto dove scorrazzavamo felici, sicure della nostra amicizia e della nostra complicità.
Ero gelosa di lei, del tempo che non passavamo insieme, dei suoi pomeriggi dedicati allo sport, dei weekend nella casa paterna lontano da me.
Così, il tempo che passavo sola, senza di lei, passava lento, era noioso non avere qualcuno di così speciale intorno.
Mia madre mi spronava ad invitare altri amichetti e amichette, ma senza di lei niente aveva senso, non mi divertivo.
Ero piuttosto testarda, “o lei o niente”.
Gli altri non avevano ciò che io vedevo in Lei.
E ciò che vedevo in lei era un frammento di Me.
Qualcosa si era staccato dal mio cuore, dalla mia testa, dalla mia anima per andarsi a posare dolcemente su di lei, per poi penetrarla fino alla sua essenza.

Primo giorno di superiori. Banchi messi a ferro di cavallo, mi guardo intorno e vedo 25 facce nuove, vestiti e zaini di mille colori diversi, sospiri, parole timide sussurrate, sorrisi accennati.
Poi, i suoi occhi.
La mia attenzione viene attirata da due occhi neri, che mi fissano, come se volessero vedermi dentro, come se mi vedessero già dentro, nuda.
“È lei” così mi dice una vocina dentro di me. Io alzo le spalle e cerco di fare amicizia un po’ con tutti.
I giorni passano, la confidenza aumenta, cominciamo a divertirci, a formare un bel gruppo affiatato, ma gli occhi neri mi fissano sempre.
Si sgranano quando scopriamo di avere gli stessi gusti musicali, ci piacciono i Nirvana anzichè la musica da discoteca. Così decidiamo di conoscerci meglio.
Gli occhi neri hanno un nome. Cecilia.
Cecilia e io parliamo ore e ore, prendiamo il tram insieme e andiamo in centro, passiamo la notte a ridere e a chiacchierare, a vedere i video musicali su mtv, ci scambiamo i diari, le parole, i pensieri, le anime.
Siamo molto diverse ad una prima occhiata. Ma scavando, con il linguaggio dell’anima, ci si accorge che molte cose ci accomunano, che sembriamo divise alla nascita, che talvolta noi stesse ci spaventiamo perchè pensiamo o diciamo la stessa cosa nello stesso momento.
Così passano le prime cotte, i primi amori, ma anche i fraintendimenti, le litigate, i dubbi.
Le estati passate divise, le separazioni, le incomprensioni.
Non è stato tutto facile e lineare, ci sono stati periodi bui, periodi in cui seriamente credevo di avere perso la Cecilia che era dentro di me, un bocciolo che invece di morire di stenti è fiorito, a sorpresa.
Ci sono ricordi che non sono più miei, ci sono ricordi che non sono più suoi. A volte credo di avere vissuto due vite. Di conoscerla da sempre, da quando abitava in Svizzera, da quando era una bambina. A volte mi sembra di ricordare cose di Lei che non ho nemmeno vissuto, ma che mi ha solamente raccontato.
Non c’è un motivo per tutto questo, non c’è una logica. Ho cercato spiegazioni, ma non le ho mai trovate.
Gli occhi neri sono sempre lì, ancora oggi, dopo 15 anni.

Sasha.
Era un giorno caldo di giugno.
Di lui non ricordo l’attimo preciso in cui i miei occhi hanno incontrato i suoi.
Spero mi verrà in aiuto un sogno.
Però mi ricordo il suo imbarazzo a chiedermi il numero di telefono, la mia eccitazione per la prima uscita, il bocciolo di rosa che mi ha donato, il nostro primo bacio.
Con lui mi si è aperto un nuovo mondo: i sapori, gli odori, i colori erano più vivi, freschi, più buoni.
Mi si è insinuato dentro a poco a poco, come un veleno mi ha paralizzato i pensieri: l’istinto e il cuore finalmente non avevano freno.
Era stupendo vivere su un’altalena, con la costante paura di cadere, gli attimi di sconforto, la sofferenza dovuta alla lontananza, che venivano ripagate da un senso di libertà estrema, di voglia di vivere all’ennesima potenza, dalla sfrontatezza, dalla sensazione di infinito che le nostre due anime creavano insieme.
Nulla era logico, razionale, tutto era fantastico, una favola dalla quale non avrei voluto svegliarmi. Mai.
Perché credevo di essere già morta in paradiso.
Perché credevo che più felici di così non si poteva essere.
Perché l’anima gemella esiste e io l’avevo trovata.
Con nessuna persona mi era mai capitato di sentirmi così speciale, non avevo mai pensato di poter appartenere a qualcuno se non a me stessa, di avere la capacità di lasciarmi andare, trascinata da un fiume impetuoso di emozioni, fitte, voglie, di desideri così intensi.
Gli altri non riuscivano a capire come ci sentivamo, ci prendevano in giro, e noi li compativamo, perché sapevamo che loro non potevano capire senza essere innamorati come lo eravamo noi.
Così uniti, legati da una magia indissolubile, senza fine, che c’è, ma non si vede... mescolati, così da non sapere dove inizia uno e finisce l’altro...frammenti di Amore dissolti nel sangue...contaminandolo in eterno.
Non c’è antidoto per il Nostro veleno.

***
L'Autrice si presenta
Classe 1984. Scrivo principalmente sul classico “diario segreto”, e dal 2008 racconti brevi, che mi hanno portato alla stesura  e alla pubblicazione nel 2010 di Nuvole Rosa (Albatros Il Filo)

martedì 19 marzo 2013

La parola del giorno - Specchio

Davanti a uno specchio:
  • mi lavo la faccia,
  • mi lavo i denti,
  • mi fisso le pupille,
  • studio i pori della pelle del mio viso,
  • faccio delle smorfie buffe,
  • rido delle smorfie divertenti,
  • fingo di cantare come davanti a un pubblico,
  • improvviso un balletto cantato,
  • ...
E' mai capitato anche a voi di fare cose, apparentemente senza senso davanti ad uno specchio?
A me capita.
Osservo il mio riflesso e mi viene da fare una o più delle azioni che ho elencato.
E' strano, sono da sola, davanti a me stessa, ma in qualche modo non sono io quella dello specchio.
Capisco che è un pensiero un pò contorto, ma mi capita di estraniarmi davanti a uno specchio, di dimenticare che quella riflessa sono io e di pensare a lei (me) come a una gemella intrappolata in questo vetro argentato e lucente.
Sono da ricovero? No, dai, sarà capitato anche a voi di fare cose senza senso davanti a uno specchio, no??
In un certo senso è liberatorio, diamo sfogo alla follia positiva che c'è in ognuno di noi e poi ci fa ridere, ci fa scaricare della tensione che possiamo aver accumulato per vari motivi. E' un pò come infrangere i propri tabù per un momento.
Sei tu sola con te stessa e puoi liberarti dei legacci che ti tengono sobria e seriosa durante il resto della giornata.
Io amo questo mio personale momento di "follia" e non potrei farne a meno. Magari non sarà una cosa da fare tutti i giorni, ma a volte, quando sentiamo di dover dare a noi stessi una valvola di sfogo, perchè no?

E ora, prima di lasciarvi, vi domando se anche a voi capita di fare cose strane davanti allo specchio o se avete altri modi per scaricarvi della tensione in eccesso.

Alla prossima!

:-)

sabato 16 marzo 2013

Ultimo Orizzonte di Valentina Coscia

Per la rubrica Fruscio di Pagine oggi vi parlo di Ultimo Orizzonte, romanzo di Valentina Coscia, pubblicato da WePub, una giovane casa editrice “nativa digitale„ che seguo da qualche tempo e che v'invito a conoscere.
Di Valentina, sempre per i tipi di WePub, ho letto anche La sentinella del golfo, disponibile come freebook al costo simbolico di un tweet, pubblicato inizialmente su THe iNCIPIT e che fa da prologo a Ultimo Orizzonte. Se volete un assaggio del mondo di Spèza, scaricatelo e leggetelo: costa un tweet!
WePub pubblica esclusivamente ebook, per cui se volete leggere i loro libri il mio consiglio è di procurarvi un buon eReader. I miei preferiti sono Leggo di IBS e Kobo, distribuito in Italia da inMondadori, ma v'invito a dare un'occhiata anche a Kindle di Amazon e allo store eReader di laFeltrinelli che propone diversi modelli; confrontate funzionalità e prezzi e scegliete quello che fa per voi.
Naturalmente potete leggere gli ebook di WePub anche su tablet o iPad, se ne siete in possesso.
Dopo questa spocchiosissima introduzione da nerd, passiamo a parlare del romanzo, vero protagonista di questo post.
Cominciamo con un assaggio di trama dal sito di WePub.
“Benvenuti a Spéza, dove il confine tra la vita e la morte è la muagia, l’imponente muraglione che impedisce alle acque di inghiottire la città. Dove le barche attraccano ai balconi dei palazzi semisommersi e tutto ciò che resta del Mondo di Prima sono lamiere arrugginite e relitti incrostati. Dove un’antica e terribile divinità si è risvegliata da un sonno durato secoli e ora vuole la sua vendetta: l'unico in grado di fermarla è l’ultimo dei massacàn, i custodi della muagia.„
Proseguiamo con un assaggio letterario dal romanzo stesso.
“Ma io sono solo Artibano er semo, il nipote di Artibano massacàn, e la Gese è la Gese.
Quando comanda, si corre. E poi si ringrazia anche.„
...e per finire, la recensione che ho lasciato sul sito di WePub, dove ne trovate tante altre (ricordate di scorrere la pagina di presentazione verso il basso).

Valentinabertani84 ha detto:
A Spèza si sopravvive... Spèza è un mondo crudele e Valentina utilizza un linguaggio crudo, aspro, a tratti scurrile per animare questo mondo e i suoi personaggi. Non è un romanzo che si possa leggere per puro svago. Richiede concentrazione. I dialoghi e i cambi di scena si succedono rapidi, la narrazione passa dalla prima alla terza persona praticamente senza transizione. In prima persona Artibano, il protagonista, narra la sua storia. Ma spesso il punto di vista cambia e, alla terza persona, vengono narrate, come tasselli di un puzzle, le storie degli altri personaggi, che, insieme alla narrazione principale da parte di Artibano, costituiscono l'arazzo di Spèza, un mondo crudele, dove non c'è spazio per la pietà. A Spèza si sopravvive. Bello l'impasto di fantascienza, hydropunk e folclore locale.

Voto: 5/5„
Il mio voto non poteva non essere un 5/5 perché ho apprezzato veramente il romanzo di Valentina.
Che ne dite? Vi è piaciuto questo assaggio? Il romanzo v'incuriosisce? Lo avete letto?
Se lo avete letto, v'invitiamo a lasciare qui sotto un commento con le vostre impressioni.

giovedì 14 marzo 2013

Web Stories ∞ Alice che fuggì dal paese dei fiocchi di neve

Ciao a tutti!!
E' il giorno della web stories. Stavolta tocca alla mia.
Buona lettura!

I pezzi erano sparsi sul pavimento.
Frammenti lucidi e taglienti.
In essi c'era ancora il riflesso del Re del Gelo, signore del Paese dei Fiocchi di Neve.
Alice era ancora scossa davanti al grande specchio barocco, bordato da una cornice oro antico, ora rotto. Non poteva credere di essere riuscita a fuggire dal Paese dei Fiocchi di Neve. Eppure era lì, nella soffitta zeppa di cianfrusaglie della casa di campagna della nonna.

mercoledì 13 marzo 2013

Ed ecco a voi il canale Youtube!!!!

Buongiorno a tutti!
Spero che sia per tutti i voi una buona giornata!
C'è una novità nell'aria del web: abbiamo aperto un canale Youtube


Precisamente lo trovate sotto il nome Claire WordInProgress, ma è lui, è il canale dedicato al blog e al nostro amore per le parole.
Vi ho già caricato un video, giusto per non lasciarlo spoglio così, appena nato, solo e fragile. Spero andrete a dare un'occhiata:-)!
Ci farebbe piacere, vedervi partecipare anche al canale, iscrivendovi o commentando o dando consigli che sono sempre bene accetti.
Ci piacerebbe potesse essere una via per far conoscere il nostro impegno ad ancora più persone.
Perciò, colgo l'occasione per lanciare un'iniziativa legata al canale:
Se avete frasi, pensieri o poesie (vostri, o di opere che vi hanno colpito) e che vorreste vedere rielaborati in un video, come quello già postato, fatecelo sapere e provvederemo a produrre il cortometraggio (ma proprio corto:-D!) relativo.

Speriamo di aver suscitato la vostra curiosità e la vostra immaginazione.
Attendiamo speranzose le vostre parole!

Grazie.

Alla prossima!

:-)

lunedì 11 marzo 2013

Musa ispiratrice

Hola gente!

Oggi mi è capitato di soffermarmi a pensare sulle scintille che fanno scatenare in noi il barlume di una storia che poi andremo a scrivere su un quaderno o direttamente sul pc: l'ispirazione
La famosa ispirazione. Quella fiammella che, prima, è una luce piccola, piccola nel turbinio dei pensieri ma che poi diventa un lume sempre più forte e accecante e alla fine si mostra in tutta la sua potenza.
Per quanto mi riguarda, l'ispirazione mi arriva proprio quando non sono o non posso essere al mio pc e non ho nulla di cartaceo su cui scrivere, quindi la devo tenere in caldo in un angolino della mia testa in attesa di poterla riassumere su un file di scrittura o sul quaderno.
Però più che parlare dell'ispirazione in sé volevo parlarvi di quello che me la fa scatenare, che mi da il la affinchè essa si possa tramutare in un'idea letteraria. Per me è la musica la fonte scatenante di ispirazione e di idee. Mi capita di ascoltare una canzone, e bam! Mi colpisce come un dardo uno spunto interessante per una trama da elaborare. Canzone che, magari, ho già ascoltato altre volte, ma che prima non mi aveva mai colpito in quel modo. Oppure canzoni mai ascoltate prima, mi scatenano l'incipit per una storia e la voglia irrefrenabile di scrivere. Sicuramente ci sarà una concomitanza di fattori come lo stato d'animo, la luna, il favore delle stelle e qualunque altra cosa possa incidere. Ma rimane che la musica ha il dono e il potere di risvegliare la mia anima creativa e darmi energia.
In gioventù (perché adesso son moooolto più vecchia :-D !) sono stata una cantante (tecnicamente, lo sarei ancora perchè la voce c'è) e una musicista, perciò la musica rimane sempre il mio primo amore, madre e ispiratrice di tutte le passioni nate successivamente.
Perciò la ritengo la mia Musa.
Con lei di sottofondo, scrivo, creo i miei bijoux, faccio i lavori di casa, mi rilasso, sfogo emozioni... prende gran parte della mia giornata e della mia vita. Non potrei vivere in un mondo senza musica, come un pittore in un mondo senza colori o uno scultore senza materia prima.
La bella musica produce più estasi dell'assenzio e non ha effetti collaterali. Non si muore per l'ascolto di troppa musica, ma anzi, essa ha un effetto benefico sul corpo e sullo spirito.
Si potrebbe dire che, in generale, tutte le forme di arte, quando sono vera arte, hanno benefici influssi sull'essere umano.
Quella che a me dà i maggiori benefici è, appunto lei, la Musica, melodia dell'anima che scalda l'anima.

Concludo qui. Volevo rendervi partecipi di questo mio pensiero e mi farebbe piacere sapere quali sono le vostre fonti di ispirazione.

Alla prossima!

Ciao!

giovedì 7 marzo 2013

Web Stories ∞ Lettere

Secondo appuntamento con la rubrica Web Stories. Il racconto di oggi ce lo regala Sara Durantini del blog Corsi e rincorsi. S'intitola Lettere per il tema #Inchiostro.

Jacopo sistemava la vetrina della libreria. La porta era a pochi passi. Avrebbe potuto avvicinarsi, fingere di spostare qualche libro e uscire senza che nessuno se ne accorgesse.
Tagli di sole fra le chiome degli alberi. Panni stesi a creare lampi di luce abbagliante. Se chiudeva gli occhi Jacopo poteva anche immaginare la freschezza che si respirava correndo tra le lenzuola bianche. Com'era immenso il pezzo di mondo che vedeva dalla libreria. Fino a qualche mese prima s'immergeva nei flutti di luce, sorseggiando una tisana. Ora era carta straccia buona solo per accendere il fuoco. Al risveglio la morte nel cuore, gli occhi bruciavano perché a bruciare era la realtà tutt'attorno. Il caffè aveva il sapore delle cose smarrite, la doccia l'odore della solitudine. Se si guardava allo specchio non si riconosceva.
Aveva imparato a schivare la gente, lo sguardo, l'alito, riusciva persino a evitare lo sfiorarsi delle giacche quando incrociava qualcuno lungo le scale. Teneva la testa alta e lo sguardo fisso davanti a sé verso un infinito che, per quanto facesse paura, era più sostenibile della pietà che leggeva sul volto degli altri condomini.
Via delle Fornaci 13. Cremona aveva uno sguardo livido. Jacopo non aveva più un auto così riprese in mano la bicicletta. All'inizio la cosa lo faceva vergognare, si sentiva nuovamente un liceale in bilico tra libertà e dipendenza da genitori che, suo malgrado, non sapeva per quale motivo dovevano essere proprio i suoi genitori. Con il tempo si abituò anche a questo, pedalando con la stessa convinzione con la quale scendeva le scale ogni mattina. 

Gambe muscolose, schiena impertinente, sguardo fiero. Angela aveva sbattuto la porta d'ingresso con forza, facendo vibrare a lungo la campanella. Non aveva posato gli occhi sui libri, come fosse cosa superflua, e gli aveva chiesto delle poesie. Jacopo le aveva consigliato Alda Merini. "Sta andando sul sicuro" – disse Angela.
Lui si sedette, nessun cliente lo aveva mai sfidato. "Beh, con Alda Merini si va sempre sul sicuro".

Le mani e le gambe vanno da sole quando la mente non ragiona. Angela lo aveva capito. I soldi fra le dita affusolate. Jacopo le aveva sfiorate, quelle mani secche da bucato. Una donna d'altri tempi, avrebbe pensato la sera stessa. Una birra, una poltrona di velluto, un televisore acceso su un canale qualsiasi con un conduttore che emetteva parole qualsiasi. Rossana lo aveva lasciato quell'inverno, era stata veloce nel fare le valigie, un po' meno nel spiegargli che aveva conosciuto un altro, "uno con una posizione, lo capisci Jacopo? Non è uno che perde tempo con i libri. Oddio la cultura, ora non iniziare con la solita tiritera sulla cultura! Va bene tu sarai anche colto, ma io non ci faccio niente con la tua cultura. Guarda come viviamo! Guarda in che casa stiamo!" e con la mano aveva tracciato nell'aria un semicerchio. La linea oltre la quale lui non aveva più accesso. Scomparve dietro la porta, lasciandosi alle spalle un profumo di lavanda.

Il padre di Rossana gli aveva fatto un prestito, parecchi anni prima, quando loro giocavano a realizzare i sogni con i soldi dei genitori e l'Italia della bassa padana era un luogo dove ancora esisteva una parvenza di ordine e pulito. Erano gli anni Ottanta. Avrebbe dovuto saldare il suo debito non appena la libreria sarebbe decollata. Rossana voleva anche aprire una casa editrice, dandole lo stesso marchio della libreria. Si sarebbe occupata lei dell'ufficio stampa, mentre a Jacopo l'ingrato compito di scegliere quali libri pubblicare. L'aria e il sole avevano sgonfiato gli entusiasmi, Rossana era diventata improvvisamente spigolosa e anche i suoi progetti avevano rivelato buchi tappati con foglie marce. Le foglie si raggrinzirono. E caddero.

Una parola inciampò tra i suoi pensieri, ma lui non ci fece caso, la scacciò come avrebbe fatto con una mosca sul naso. Jacopo pensò che avrebbe potuto essere la realtà che s'incaglia tra i ricordi restituendo un odore di abiti dismessi, lerci, di cose vissute. Alzò lo sguardo. Il fornitore aveva accatastato le pile di libri come fossero stracci vecchi. Forse è per questo che puzzano, pensò Jacopo. Lui continuò a sistemarli fino a quando una voce lo fece sobbalzare. Era Angela. Si chinò e lo aiutò a sistemare i libri negli scaffali. Lui non fece domande. "Sono entrata ma non c'era nessuno. Poi ho visto la porta dello sgabuzzino aperta e ho seguito le scale". Lui si limitò a sorriderle. Voleva ringraziarla anche se non sapeva per cosa.
Quando ebbero finito lei si attardò davanti agli scaffali e iniziò a prendere libri e aprirli. Ci passava una mano sopra, li annusava e li riponeva. "Tu li hai mai annusati i libri freschi di stampa?" e senza aspettare risposta "sanno di macchina e inchiostro, sanno delle mani che li hanno toccati e dei magazzini dove hanno atteso".
"Cosa? Atteso cosa?" domandò Jacopo, come se gli fosse tornata improvvisamente la voce.
"Noi. Attendevano noi, e chi sennò? Tu non sembri proprio un libraio, sembri uno capitato qui per caso".
E se non fosse stata per quella frase, se non fosse stato per la sua esitazione davanti alla cassa prima di pagare un volume di Cortazar, forse Jacopo non l'avrebbe invitata a salire in macchina, forse non avrebbero ascoltato i Pearl Jam, e non avrebbero fatto l'amore in un albergo sulla provinciale per Cremona. Il corpo affusolato di Angela, i suoi movimenti morbidi, quella naturalezza a Jacopo così sconosciuta. Con Rossana l'amore era sempre stato un arrancare tra un gemito e l'altro, tra un sospiro e un bacio.
Dopo erano rimasti abbracciati ad ascoltare i camion sulla strada. E lui si accorse che l'unica cosa che voleva era la poltrona di velluto di casa e una birra ghiacciata.   

I loro incontri raggrinziti erano sempre stati velati da un cielo opaco. Le bugie erano carne da scaldare, erano labbra da mordere, succhi da eliminare. I loro incontri erano salati e non prevedevano effusioni d'amore. La parola amore era solo un pretesto per qualcosa di più grande. Qualcosa di impronunciabile. Jacopo era nauseato e al tempo stesso attratto da Angela. Lei rappresentava il punto dal quale ripartire, ma ogni volta che tentava di metterla a fuoco una parte del suo passato emergeva con tale violenza da scaraventarlo fuori da quella situazione.
Per Angela era diverso. Per Angela era tutto già scritto. Cuore di donna che non tradisce le proprie aspettative.
Una domenica di luglio Jacopo si svegliò stordito, in grembo una bottiglia di birra vuota. Rumore di stoviglie. Per un attimo fu convinto che Rossana fosse in cucina a lavare i piatti della sera prima. La stanza sapeva di lavanda. Ma dalla cucina arrivarono le note di Just Breathe. Angela indossava una sua vecchia camicia, una di quelle che metteva per il pranzo della domenica con i genitori di Rossana. “Finalmente ti sei svegliato. Mi sono permessa di scendere e fare un po' di spesa. Il tuo frigorifero piangeva” - una risata stridula.
Jacopo strabuzzò gli occhi.
“Ti ho comprato un cornetto e ti ho fatto un buon caffè. Ci vuoi il latte?”
“Angela! Che ci fai qui, Angela?”
“Mi hai invitata tu, ieri sera. Non ricordi?”
“Ma come sei vestita?”
“Avevo caldo, ma tranquillo non sono uscita così se è questo che intendi”
Jacopo si alzò, la fronte corrugata, le mani strette in due pugni. Angela era solo di passaggio nella sua vita, che cosa ci faceva in casa sua, quella mattina? “Vattene!”
“Che dici?”
“Ho detto di andartene”
“Ma cosa ti prende...?”
Lui la prese per un braccio. “Togliti questa camicia, vestiti e vattene da qui!” le urla erano soffocate dalla rabbia.

Le crepe facevano ormai parte dell'arredo, come gli scaffali, il tavolo di legno del suocero che non avrebbe più restituito, la vecchia scrivania, regalo della nonna prima di morire, e la cassa, in riparazione da anni. I libri avevano un'aria dimessa, anche lui sembrava un oggetto da arredamento messo lì per caso, proprio come Angela aveva detto alcune settimane prima. Le sue parole le ritrovava nei libri comprati, in quelli venduti e persino in quelli resi. Spesso ne apriva uno e sembrava di avvertire l'odore dell'inchiostro e della macchina, dei magazzini nei quali aveva sostato. Delle mani che lo avevano toccati.
Vedeva Angela negli occhi scuri delle donne alla fermata del tram, nello sguardo fiero e incostante delle commesse dei negozi, nelle mani forti e generose delle donne al banco della frutta e verdura.

Angela era stata sempre la donna di qualcuno ma non era mai stata la moglie di qualcuno. Si era illusa di poter diventare la nuova signora Angelelli. Angela sapeva di Rossana quel che i pettegolezzi avevano alimentato negli ultimi mesi d'inverno. E quello le bastava. Era entrata altre volte in libreria, prima di quel pomeriggio di fine giugno, ma non aveva mai preso iniziative, si era limitata a guardare Jacopo da lontano mentre leggeva il giornale, beveva una tisana, serviva qualche cliente pretenzioso o qualche bambino incuriosito più dalle immagini che dalle storie. Lo aveva osservato scendere più volte le scale e si era immaginata che giù avesse una cucina e un bagno. Credeva che vivesse lì dopo la separazione da Rossana. Poi scoprì la solitudine del suo appartamento in via delle fornaci 13. Decise di accettare anche quello. Solo alle urla e agli strattonamenti non poté passare sopra. Il suo passato tornava a galla mentre Jacopo le urlava di andarsene, di uscire dal suo appartamento. Era stata cresciuta dallo zio. La sera sua madre la chiudeva in stanza perché diceva che in giro c'erano gli uomini cattivi. Ma Angela ormai aveva dodici anni.

Quando fu chiaro che Angela era scomparsa dalla sua vita, Jacopo riprese a farsi cullare dalla monotonia del suo tempo. I libri da sistemare, la vetrina da rifare, gli sconti. La sera una birra davanti al televisore acceso su un canale qualsiasi. Jacopo non ascoltava più. Non ascoltava neppure i clienti o il distributore. Forse aveva ragione Rossana, lui non era un tipo da rapporti sociali, doveva stare lontano dalla gente. “Avresti fatto meglio a vivere per conto tuo, a dirmi subito che eri così. Mi hai solo fatto perdere del tempo Jacopo. E ora guardati, a quarant'anni passati ancora vesti come un sedicenne e mangi patatine la sera a cena. Ma come potevi pensare che sarei rimasta con te, per sempre?”

Una bambina saltava la corda, bagnata dalla luce di un settembre distratto. Il padre poco distante la guardava mentre cercava di potare la siepe. La bambina si sentiva la regina di quel pomeriggio e il suo re la stava osservando. Ma gli occhi del padre erano stanchi, cercavano di dimenticare la nostalgia, tagliandola insieme alle foglie. Jacopo era sulla soglia della libreria, stava sistemando la vetrina quando incrociò gli occhi di quel padre. E in quel volto tormentato riconobbe se stesso. Aprì la porta, fece per uscire, voleva che smettesse di tagliare, non erano foglie, erano gocce di sangue, era il suo sangue. La sua vita stava perdendo energia ad ogni sforbiciata.
“Jacopo, questa mattina ho roba per te”
Il postino si fermò dinanzi a lui.
“Che hai?” Jacopo guardava la siepe. Non c'era più nessuno, il giardino era vuoto.
“Bollette, bollette, bollette... e questa”
Scorse il suo nome. Una calligrafia incerta, quasi temesse di rovinare la busta.
Fu così che iniziò a ricevere lettere da Angela quasi ogni giorno. Sembravano le sue memorie. Scriveva della sua infanzia, dello zio, della madre e dello zio, della camera da letto, dei libri che leggeva, dei libri che l'avevano salvata, dell'amante, il primo e poi di tutti gli altri. Sembrava che scrivesse per se stessa e solo per sbaglio le lettere finivano tra le mani del postino, nella buca delle lettere di Jacopo e poi tra le sue mani.

Con il tempo il numero di lettere diminuì fino ad arrivare a una o due a settimana ma tanto bastava per ravvivare quel candido linguaggio d'amanti, più forte delle notti trascorse insieme, delle lacrime, della rabbia. Jacopo le leggeva la sera, una birra in mano e il televisore spento. Aveva bisogno di sentire l'odore dell'inchiostro, della carta scritta, immaginare Angela mentre scriveva, con quelle mani secche da bucato.

***
L'autrice si presenta
Mamma e moglie. Ho pubblicato Nel nome del padre (Fernandel Editore) nel 2007, in seguito sono usciti dei racconti su riviste online (Osservatorio letterario) e antologie (Manni Editore, Fandango Libri, Intermezzi Editore). Vivo a Roma dove lavoro come redattrice e insegnante.
Blog: Corsi e rincorsi.

martedì 5 marzo 2013

La parola del giorno: Luce

Ciao gente!

Devo dirvelo ho visto la luce.
… Non quella Luce! Ma quella dell’alba. Stamattina, uscendo per andare al lavoro, per la prima volta quest’anno ho visto il chiarore del cielo che aspetta il sole che sorge.
Quel barlume luminoso che si fa largo nel buio della notte. Il blu che si fa azzurro e sfocia in un timido color pesca.
In quel momento ho pensato che finalmente stava arrivando l’estate. La bella stagione. Il caldo, il sole, si ricaricano le batterie.
Non c’è niente da fare, il sole e il suo calore che cresce fino ad arrivare al solleone estivo ricarica lo spirito e il corpo. Ti fa venire voglia di rinnovarti, di iniziare progetti, di riprendere quelli che avevi accantonato. Esplode l’ispirazione e con essa la voglia di scrivere e di leggere e di fare mille cose insieme.
Amo la bella stagione e la positività che porta con se.
Adoro vedere la luce quando esco al mattino presto, che già ti infonde la carica giusta per affrontare la giornata nel modo migliore.
Che bella stagione, l’estate!
Alla prossima.

PS:questo pezzo si riferisce a ieri mattina, ma solo oggi sono riuscita a pubblicarlo. Buona lettura.

:-)

venerdì 1 marzo 2013

Web Stories ∞ Schegge

Da qualche tempo Google ha lanciato, per Google+, il suo social, le Community.
Io e Chiara abbiamo deciso di provare questa nuova modalità di aggregazione su G+ per proporre un esperimento di scrittura creativa online, creando la Community di Word in Progress.


Come funziona la nostra Community?
Noi lo consideriamo un laboratorio di scrittura creativa online. Ogni mese proponiamo due nuovi #temi sui quali i membri della Community sono invitati a scrivere un racconto di lunghezza compresa tra i 4.000 e i 10.000 caratteri. I racconti verranno quindi pubblicati sul nostro blog.
Consideriamo la Community anche un luogo d'incontro e di scambio di pareri, idee, prospettive sulla scrittura.

Come faccio a entrare nella Community?
La nostra Community è privata. Puoi chiedere di essere invitato ma dovrai aspettare la conferma.

I temi di febbraio
I temi che abbiamo proposto per il mese di febbraio (e il lancio della Community) sono #Frammenti e #Inchiostro. Ai partecipanti è stata lasciata totale libertà nella scelta e nell'interpretazione dei temi.
Qui sul blog per ospitare i racconti inauguriamo oggi una rubrica apposita, Web Stories, attiva a partire da questo post.
La prima web story è di Nicola (Nick il Nocturniano) Parisi del blog Nocturnia, per il tema #Frammenti.

SCHEGGE

E' strano come basti riempire poche valigie per cancellare quattro anni della propria vita.
Sara è già sulla porta, le mani incrociate sul petto, il labbro imbronciato si comporta come se fosse lei quella che sta subendo la decisione.
- Allora, non hai niente da dire?
-Perché? Cambierebbe qualcosa ?
No. Non cambierebbe niente e lo sa anche lei.
- Ecco! E' anche per questo che me ne vado. Sei sempre distante, sempre freddo. Dopo tutti questi anni mi sembra di aver ancora a che fare con un estraneo.
Io abbozzo, evito di chiederle se nella sua decisione c'entri qualcosa il tipo con la Opel che la sta aspettando giù.
-Sara, Saretta...sapevi sin dall'inizio com'ero fatto. Non stiamo a raccontar ciballe.
Mi abbasso a raccogliere due delle valigie.
-Piuttosto sbrighiamoci: io ho da fare e tu hai tante cose da portar via. Dai, ti do una mano.
Le passo avanti con il mio carico, supero lei ed il suo orgoglio ferito.
Una magra vittoria e una ancor più magra soddisfazione.
Giù il tizio sembra sorpreso di vedermi, forse è perfino preoccupato che la situazione possa degenerare.
- Ciao, piacere- gli faccio mentre osservo la sua espressione sempre più preoccupato, i capelli carichi di gel, l'abbronzatura da lampada che ancora traspare. Proprio il tipo d'uomo di Sara. Proprio il suo tipo
- Sara scende subito. A proposito, conviene che ti prepari: se ti ha detto che lei è una fedele è la stessa cosa che ha detto a me quattro anni fa quando ha lasciato il suo primo marito.
Il ragazzo diventa sempre più rosso, dubito che c'entri qualcosa l'abbronzatura, in quanto a me giro i tacchi e oltrepasso ancora Sara.
I suoi insulti mi seguono fino al portone del palazzo.
-Ciao Saretta, riguardati. Scusami mi tratterrei ma ho appuntamento col fabbro per far cambiare la serratura.
Il mio vuoto appartamento mi accoglie, dovunque c'è qualcosa che mi ricordi la mia appena conclusa relazione. "Sei una persona fredda" Mi aveva detto lei qualche giorno prima " Non hai sentimenti, non comunichi" Poi aveva aggiunto il suo classico: " Non mi hai mai permesso di conoscerti bene"
Avrebbe cambiato qualcosa?
Mi appoggio al tavolo, uno spazio sgombro dalla polvere mi segnala il punto dove fino a qualche ora prima c'era un soprammobile.
Un soprammobile di Sara, ovviamente.
La cosa peggiore è che dentro di me so che ha ragione lei.
Su un mobile trovo un altro dei  suoi ninnoli: un vecchio Buddha di porcellana.  Strano che se lo sia dimenticato: era anche  uno dei suoi preferiti.
Soppeso la statuetta, il Buddha sembra guardare proprio dentro di me con la sua espressione paciosa.
Apro le dita e lascio che la statuetta cada a terra, milioni di pezzi volano per aria.
So già che domani me ne pentirò, che riaggiusterò il Buddha pezzo per pezzo, magari chiamerò anche Sara per chiederle di perdonarmi, di ricominciare.
Esattamente come ha fatto tutte le altre volte.
E il ciclo ricomincerà.
Senza accorgermene ho già raccolto due pezzi del Buddha, riparare certe cose per me è sempre stato facile, anche la relazione con Sara l'ho riparata tante volte.
E' il riparare le ferite dell'anima che non mi riesce mai.
Forse è meglio che mi faccia un caffè.


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L'autore si presenta
Mi chiamo Nicola Parisi,  anche se ormai per tutti sono Nick del blog Nocturnia  (wwwwelcometonocturnia.blogspot.it). Classe 1969 - classe 1969 io, non certo il blog.
Sono nato a Napoli e sono napoletano fino al midollo. Ho abitato a Firenze e a Perugia e ormai da anni risiedo in Provincia di Venezia: amo molto la Riviera del Brenta, un luogo meraviglioso e magico, dove ancora si respira il senso della storia, nonostante i continui tentativi di cementificazione, attuati in questi ultimi anni.
Da sempre sono un appassionato di fumetti, cartoons, fantascienza ed horror, colleziono libri, Dvd di film e serie televisive di genere fantastico, praticamente ho imparato a leggere prima ancora che a camminare.
Queste sono le mie passioni, questa è la mia vita, mia moglie Venusia dal 2007 è compagna e spesso complice di queste mie fissazioni.
Entrambi siamo ambientalisti convinti, ne sa qualcosa la nostra Trixie, una adorabile gattona nera, che ho raccolto nel 2004; all'epoca era un cuccioletto pelle ed ossa... e adesso invece sembra un ippopotamo.
Certo non è tutto qui: da buon italiano sono profondamente curioso, mi piace conoscere e comprendere. Ritengo che ci sia sempre da imparare da ogni cosa.
Amo la buona cucina senza alcuna distinzione di  regioni o nazionalità,  il buon vino e la birra, nonché la storia e la cultura dell'Europa in particolare quella di Francia ed Inghilterra, e, nonostante tutto... continuo a voler rimanere un irriducibile idealista.