La Web Stories di questa settimana è dedicata al tema #Marinaio ed è ispirata dalla canzone Oh Marinaio di Gianna Nannini. Buona lettura.
Fuori piove.
La porta della stamberga si spalanca ed entra un uomo coperto dal cappuccio di un impermeabile logoro.
La ragazza dietro al bancone lo guarda, mentre ripone un bicchiere appena asciugato.
Lui si è seduto e ordina con un filo di voce una birra.
La ragazza lo osserva per qualche minuto.
E’ strano quel tipo, tutto trasandato e col volto occultato.
“Vuoi anche mangiare?” gli chiede.
Lui accenna un si, ma poi rifiuta.
“Non ti offendere, ma sembri uno con una fame da lupo.”
“Non ho abbastanza soldi.”
“Facciamo che bastano quelli che hai. Ti offro io quello che vuoi mangiare.”
“Perché dovresti farlo.”
“Sei il tipo più normale che sia entrato in questa fogna oggi.”
“Suppongo non ti piaccia molto lavorare qui…”
“Supponi
bene.” gli porge la birra. Lei si ripone dietro l’orecchio una ciocca
di capelli castani sfuggita al nastro della coda di cavallo.
“Potrei avere una zuppa, allora?”
“Si, la possiamo fare. Ma non te la consiglio.”
“La zuppa va bene. Grazie.”
“Meglio un paio di panini, fidati di me.”
“Fai come vuoi, va bene tutto.”
“Il pane è duro, ma il bacon è fresco. Il padrone ama la carne. Perciò è sempre di prima scelta.”
“Va bene.”
“Perché tieni il cappuccio calato sul volto? Sei un evaso?”
L’uomo deglutisce un sorso di birra e si nasconde il volto ancora di più.
“Puoi toglierlo, non hai bisogno di nasconderti qui. In questo pub, siamo tutti un po’ criminali…”
“Preferisco tenerlo.”
“Sei scortese. Ti sto offrendo cibo e ristoro e tu nascondi il viso. Non è corretto. Tu puoi vedere il mio.”
Taglia
delle fette di pane e le farcisce con bacon e fette di pomodoro. Sul
piatto più pulito che ha sottomano gli porge i panini.
“Il tuo viso è
bello da vedere…” addenta il panino “è fine e grazioso. I tuoi occhi
nocciola sono dolci, la tua bocca rossa e i tuoi capelli… fin troppo
puliti per questo posto”
“Vorrei poterti guardare negli occhi, mentre me lo dici.”
“Meglio di no.”
“Lascia giudicare me.”
Lui sospira.
“A volte è meglio non sapere…”
Lei lo guarda dritto nell’incavo del cappuccio, scorge un profilo ovale, gentile per essere quello di un uomo, e un naso greco.
E’ seria e non dice una parola.
Lui
sente i suoi occhi addosso. Divora in fretta i panini e ingurgita la
birra in un sorso. Ha fretta di andare. Fa per pagare, ma desiste e si
toglie il cappuccio.
Alla fioca luce del lampadario, mostra i capelli
biondi, gli occhi verdi e un viso aggraziato, come lei aveva potuto
scorgere poco prima.
“Quel livido?”
Lui, istintivamente, lo copre col palmo della mano.
“E’ una lunga storia.”
“Io non ho nessun impegno urgente. Ti ascolto.”
Wroom! Lo stridio dell’ascensore a pressione dello spazio-porto vicino li distrae per un momento.
“Lo
so, i rumori dello spazio-porto sono piuttosto fastidiosi, ma che ci
vuoi fare, è il progresso del quarto millennio.” Dice lei con aria di
rassegnazione. “Che cosa ti è successo?”
“Mi sono difeso e ho ucciso un uomo.”
“Quindi sei un fuggiasco come tutti quelli che passano di qua.”
“Suppongo di si…”
“Non hai l’aria di essere uno che uccide.”
“Eppure per salvare la mia vita ho sventrato un altro uomo con un pugnale laser.”
“L’hai ancora con te?”
“L’ho gettato in mare. E poi mi sono buttato dalla nave su cui ero imbarcato e ho nuotato fino a riva.”
“Sei un marinaio?”
“Lo ero.”
“Per me lo sei ancora. Vuoi del ghiaccio per il livido?”
“Vorrei solo riposare…”
“Abbiamo
delle stanze su di sopra. A volte alcuni clienti reclutano delle
prostitute e vengono qui a godere della compagnia che hanno pagato.”
“Se potessi dormire un paio di ore…”
“Ti faccio strada.”
Con un battito di mano, lei fa accendere le luci della scala.
La
stanza in cui lo fa accomodare, è minimale. C’è un letto dall’aspetto
scomodo, un comodino e una finestra grande quanto l’oblò di un piccolo
pescareccio.
Le pareti di legno sono impregnate dell’odore del pesce del mercato del porto, poco distante dalla stamberga.
“Il letto fa schifo, ma se sei davvero stanco farà il suo dovere.”
Lui si toglie la giacca e mostra la camicia logora e insanguinata e i pantaloni frusti.
Lei lo osserva. Non sa perché ma si sente vicino a quello straniero dalla vita tormentata.
Si slaccia il corpetto del vestito che scivola inesorabilmente in terra. Sotto non ha nulla.
Lui la guarda, per un momento è disorientato, ma la lascia avvicinare. Si lascia baciare delicatamente sulle labbra.
Si guardano e non c’è bisogno di proferire altre parole.
Lei schiocca le dita e la luce si spegne.
Fine
Bel racconto!
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