giovedì 2 maggio 2013

Web Stories ∞ Joeyli

Ciao a tutti!
La Web Stories di questa settimana prende spunto dal tema #Rughe. Mantiene lo stile futuristico della precedente. Buon divertimento e buona lettura!

Quella era una sera qualunque. Una serata di svago, con tutti i ragazzi che si ritrovavano al Delirio, la discoteca più in voga della città.
Quella sera, per gentile concessione del governatore, era stato permesso anche agli Inferiori di accedere alla tanto chiacchierata discoteca. Gli Inferiori erano i plebei, i poveri, coloro destinati a invecchiare e morire.
Vecchiaia e morte erano gli spauracchi del sesto millennio. Nessuno voleva più vedere rughe solcare il viso, nessuno avrebbe sopportato gli acciacchi dell’età anziana, nessuno voleva più morire, ma agli Inferiori toccava. Loro non avevano abbastanza soldi da acquistare l’Elisir di lunga vita, l’elisir che dava vita eterna ed eterna giovinezza.
Solo gli Eccelsi, i ricchi, erano in grado di acquistare e godere dei benefici dell’Elisir.
Loro potevano vivere per sempre.

Joeyli, con alcuni amici, era riuscita ad avere i biglietti ed entrare. Per lei, che era una Inferiore, era una serata da incorniciare. Essere nello stesso luogo con i tanto chiacchierati e odiati ricconi la riempiva di elettricità.
Aveva un cocktail aromatizzato alla ciliegia in mano, mentre chiacchierava con gli amici agitando la coda di cavallo alta. Per il look di quella sera si era ispirati ai lontanissimi anni ’80 del 1900, visti e rivisti nelle tavole virtuali del Museo dell’Eleganza: canotta con paillettes blu elettrico, jeans attillati, scarpe fluo.
Notò che un gruppo di Eccelsi di fronte a loro la stava osservando. Si sentì incredibilmente sexy ad avere i loro sguardi addosso.
“Che stai guardando, Morgan? Non ti piacerà mica quella Inferiore?” Gli bisbigliò all’orecchio uno della sua compagnia.
“Potrei risponderti di si, Wilfred, in effetti non è male quella femmina con la coda alta. Per una botta e via va più che bene…”
“Che schifo ti prenderai chissà quali microbi!” bisbigliò schifato Wilfred.
Morgan sorrise sornione, “vado a conoscerla”, disse.
Fece un paio di passi verso la sua direzione, quando lei venne urtata da un tipo grande quanto un armadio a due ante e il cocktail rosso che aveva in mano finì sulla camicia extra costosa di Morgan.
Al Delirio scese il gelo.
Joeyli era pietrificata dall’imbarazzo. Aveva sporcato la camicia del riccone che l’aveva puntata. Che orrendo crimine!
“Mi… mi disp…ah!!!” riuscì a balbettare prima che uno squadrone della Polizia di Grazia e Finezza le fosse addosso e la ammanettasse davanti a tutti. Essendo una ragazza, le avevano fermato le mani sul davanti.
Un agente donna le prelevò una goccia di sangue e la analizzò sul suo database portatile. I risultati delle analisi furono visibili in pochi secondi e li inviò al suo capitano.
Egli disse con voce solenne:
“Joeyli Cash, sei in arresto con l’accusa di crimini contro lo stile e l’eleganza. La pena per tali orrendi misfatti è minimo vent’anni. Hai qualcosa da dire a tua difesa?”
“Ma… è stato un incidente! Vi prego…” supplicò guardando disperata gli occhi di Morgan. E lui le rimandava uno sguardo di impotenza davanti a tanta violenza.
“Portatela via!” ordinò irritato il capitano.
“Lo giuro! È stato un incidente! Non l’ho fatto apposta!” continuò a gridare, mentre due agenti la conducevano al gabbiotto elettrostatico, parcheggiato lì di fuori.
“Sig. Handyborg è tutto a posto? Si sente bene?” chiese il capitano a Morgan.
“Si… io sto bene. Non diceva sul serio sui vent’anni vero?”
“Oh non si preoccupi, gliene daranno almeno trenta. Si fidi non la rivedrà molto presto”, disse dandogli un’amichevole pacca sulla spalla, “vuole che la faccia riaccompagnare a casa?”
“No, non voglio tornare a casa. E’ assurdo, trent’anni per avermi macchiato la camicia? Non può essere vero! E’ follia!”
“Le pene per i crimini contro lo stile e l’eleganza si sono inasprite ultimamente. Ma è giusto. Noi viviamo di eleganza e veneriamo lo stile, non è forse così sig. Handyborg?”
Morgan stava per replicare, ma il capitano di polizia uscì dalla discoteca sotto lo sguardo riverente dei presenti.
Morgan si prese il viso tra le mani. I suoi amici gli stavano parlando, ma lui non sentiva. Tutto ciò non poteva essere vero. Era troppo assurdo! Dove stava arrivando la società umana?
Corse fuori, prese per una spalla il capitano che reagì puntandogli uno stiletto laser sotto al mento.
“Si, sig. Handyborg. Voleva dirmi qualcos’altro?”
“Voglio parlare con lei. Mi lasci parlare con lei.”
“Non posso farlo, potrebbe essere pericoloso.” Rispose, lasciandolo.
“Per l’amor del cielo! È soltanto una ragazza!”
“D’accordo, se lo desidera così tanto. Solo qualche minuto.” Fece un cenno ai due agenti di guardia che aprirono le porte del gabbiotto.
Lui vi entrò con un balzo. Ci mise qualche secondo ad abituarsi all’oscurità. Quel coso era piccolo e davvero buio. Un vero inferno.
Joeyli alzò lo sguardo. Aveva gli occhi gonfi di pianto e ancora sul viso i segni delle sue mani su di esso.
“Che ci fai qui?”, disse lei con la voce roca, “sei venuto a sfottere?”
“No, io… mi dispiace per quello che ti sta accadendo…”
“Davvero? Cosa ti importa?”
“Perderai vent’anni o forse più, per una colpa che non hai…”
“A te cosa importa? Tu che puoi vivere in eterno.”
“Mi importa perché non è giusto.”
“Non è giusto? Allora fai qualcosa, aiutami! Dì loro che è stato un incidente! L’hai visto con i tuoi begli occhi chiari che quel tizio mi ha spinto!”
“Ci ho provato, ma il capitano non ha sentito ragioni…”
“Prova a dargli dei soldi, te li restituirò…”
“Sei pazza! Non posso corrompere un pubblico ufficiale! Rischio la galera per una cosa simile!”
“Quindi sono abbandonata al mio destino?” disse, abbassando gli occhi.
“Mi dispiace… vorrei…”
“Beh, ti ringrazio per l’interesse che hai dimostrato Eccelso, ma ora.. è meglio che te ne vai.”
Morgan voleva dirle che avrebbe testimoniato in suo favore, che avrebbe fatto tutto il possibile per salvarla, ma non trovò dentro di sé il coraggio. Scese dal gabbiotto e notò che il capitano stava  guardando l’orologio incorporato nel polso.
“Stavo per venirla a riprendere sig. Handyborg.”
“Non c’è né stato bisogno capitano. Posso dirle due parole in privato?”
“Certo.” Rispose con sospetto. Dopo essersi allontanati di qualche metro, Morgan estrasse il suo portafoglio palmare siderale formato tascabile e trasferì al portafoglio del capitano un’ingente somma di denaro.
“Sig. Handyborg…?”
“Li prenda come un incentivo a lasciar andare la ragazza.”
“Mi sta forse corrompendo?”
“No, è una donazione al suo buon cuore. So perfettamente che lei sa che è stato un incidente quello di stasera e che sta incarcerando un’innocente. Se verrà condannata perderà gli anni più belli della sua vita!”
“Si, ma a lei cosa importa?”
“Mi importa perché non è giusto. Questa follia deve essere fermata per una volta.”
“Che direbbero i suoi genitori di questo suo atto di buonismo sconclusionato?”
“Probabilmente quello che direbbe lei. Ma non mi importa. Voglio che lei sia liberata!”
“E se mi rifiutassi?”
“La costringerei ad arrestarmi e questo farebbe parecchio rumore, non è così? Mia madre smuoverebbe tutte le persone influenti del corpo di polizia per rimettere a posto l’increscioso incidente, non crede…?”
Il capitano lo guardò truce. Si diresse verso il gabbiotto e liberò Joeyli dalle manette.
“È il tuo giorno fortunato sgualdrina. Vattene!”
Lei, non capì immediatamente, ma corse fuori, ancora tremante di pianto.
Si ritrovò sola con Morgan. La polizia se n’era andata in un decinano di secondo grazie al teletrasporto, tecnologia che usava abitualmente per arrivare sul luogo di un crimine in tempo reale.
Si scambiarono uno sguardo stranito. In quello di lei c’era anche gratitudine.
“Grazie…”pigolò nel silenzio del vicolo semibuio.
“Non c’è di che…” Morgan fece per rientrare, ma lei lo fermò.
“Aspetta! Come… come l’hai convinto a lasciarmi andare?”
“Gli ho dato dei soldi.”
“Ma hai rischiato la galera…”
“Io? No… con il cognome che mi ritrovo sono al sicuro da qualunque rogna giudiziaria e non.”
“Te li restituirò.”
“Non puoi…”
“Voglio sdebitarmi in qualche modo, ti prego…”
“Vuoi sdebitarti…”, Morgan si accarezzò il mento, “forse c’è una cosa…”
“Qualunque cosa!”
“Offrimi da bere.”
Lei lo guardò completamente atterrita, lui le rispose con un sorriso solare.

Fine

Nessun commento:

Posta un commento